Prete condannato a 4 anni per violenze su un minore: il caso fu insabbiato dal Vescovo Gisana

Il tribunale di Enna ha fissato a 4 anni e 6 mesi la pena per don Giuseppe Rugolo per il reato di violenza sessuale aggravata contro minori

Prete condannato a 4 anni per violenze su un minore: il caso fu insabbiato dal Vescovo Gisana
di Franca Giansoldati
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Martedì 5 Marzo 2024, 20:17

Ancora una volta è solo dalla magistratura italiana che arrivano condanne per preti accusati di abusi sessuali: il tribunale di Enna ha fissato a 4 anni e 6 mesi la pena per don Giuseppe Rugolo per il reato di violenza sessuale aggravata contro minori. Si tratta di un sacerdote siciliano la cui scabrosa vicenda aveva fatto affiorare anche insabbiamenti da parte del vescovo, trasferimenti del prete pedofilo da una diocesi all'altra pur di far calmare le acque, pagamenti di denari con i soldi della Caritas per far tacere la vittima e persino diverse minacce ai giornalisti che seguivano la vicenda. La sentenza è stata emessa oggi pomeriggio dopo 8 ore di camera di consiglio. Il dispositivo è stato letto dal presidente del tribunale Francesco Pitarresi nel corso di una udienza a porte aperte dopo che tutto il processo era stato celebrato a porte chiuse. L'inchiesta era partita dalla denuncia di un giovane oggi trentenne, che ha raccontato alla squadra mobile di Enna le violenze subite dal 2009 al 2013.

LA VICENDA

Il giovane due anni fa aveva anche scritto al Papa una lettera che il Messaggero aveva anticipato per raccontargli la sua vicenda, sperando che venissero presi provvedimenti. «Padre Santo, mi rivolgo a lei come capo della Chiesa a cui credo e mi affido sempre. Mi rivolgo a lei come ultima possibilità». Era il 20 ottobre 2020 e la vittima che si firmava con nome e cognome, scriveva una missiva disperata a Bergoglio per riferire degli abusi subiti per anni, quando era ancora minorenne, da parte di un prete di Enna.

Era l'ultima possibilità che concedeva a se stesso prima di andare dritto in Questura. Cosa che poi fece. Il Papa veniva tra l'altro messo a conoscenza che il vescovo di Piazza Armerina, la diocesi siciliana dove si sono svolti i fatti - monsignor Rosario Gisana - pur «sapendo ogni cosa» sembrava traccheggiare finendo per trasferire per due anni il prete al Nord, a Ferrara, con la motivazione ufficiale che doveva terminare gli studi teologici. Nel frattempo visto che la giustizia ecclesiale si impantanava, e non vedendo nemmeno arrivare una risposta dal Papa, la vittima si era rivolta ai magistrati italiani. 

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Il ragazzo nella lettera al pontefice descrive con dovizia di particolari il suo calvario burocratico al quale è stato sottoposto dalla Chiesa: «Nel 2018 ho presentato una denuncia scritta a monsignor Rosario Gisana, il quale era già stato informato dai miei genitori che si erano recati da lui». La madre e il padre della vittima, infatti, ebbero un lungo incontro con il vescovo di Piazza Armerina ma non successe nulla. «Mi sono ritrovato a percorrere un inutile calvario di udienze private, interrogatori, incontri che hanno portato all'avvio di una indagine previa che ha coinvolto il Tribunale ecclesiastico di Palermo». Di quella indagine canonica però «non se ne è più saputo nulla» . Insomma, il solito muro di gomma.

Nel frattempo, partite le indagini, emergeva che il vescovo al telefono con un prete della sua diocesi diceva:  «ho insabbiato questa storia». Il Vaticano di fatto aveva assecondato il trasferimento di don Rugolo al Nord. Nelle duemila e passa pagine di documenti processuali veniva dipinto uno spaccato sociale sconfortante che faceva da cornice ad un processo durissimo, sempre tenuto a porte chiuse. 

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IL PRETE

Don Giuseppe Rugolo è un ex insegnante di religione, molto attivo in una parrocchia frequentata da tantissimi adolescenti e bambini. Il sacerdote era stato tratto in arresto a Ferrara, dove nel frattempo era stato “spostato” dal vescovo. Nell'ordinanza dell'arresto i magistrati scrivevano: «Il sospetto di una devianza sessuale sembra condiviso dallo stesso vescovo Gisana che a seguito della notizia dei fatti denunciati dalla vittima ha disposto il trasferimento dell'indagato a Ferrara anche al fine di avviarlo ad un percorso psico terapeutico. D'altronde l'indagine ha ampiamente dimostrato come le abitudini sessuali dell'indagato siano state e siano tuttora caratterizzate da note di perversione. Dall'analisi del contenuto del computer del religioso è emerso, infatti, che lo stesso è solito navigare in maniera sistematica e maniacale, a qualsiasi ora del giorno e della notte, mediamente 60 volte al giorno negli ultimi dieci mesi, in innumerevoli siti pornografici, rintracciabili con la parola chiave 'teen' e che più di recente ha avuto rapporti omosessuali con due giovani appena diciannovenni». 

SICILIA

Dopo l'arresto del prete nella diocesi siciliana si è scatenato il pandemonio, persino con petizioni di solidarietà al vescovo Gisana per difenderlo dall'accusa di avere insabbiato e trasferito il prete abusatore. Intanto alla vittima veniva offerta tramite la Caritas una somma pari a 25 mila euro come risarcimento. Il denaro della Caritas serviva per assicurarsi il silenzio della vittima violentata da don Giuseppe Rugolo. La circostanza era stata confermata in aula da Antonio Ciavola (allora capo della Squadra mobile di Enna e ora in servizio a Caltanissetta), nel corso del processo .

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