«Maxi pozzanghera di Piazza d'Armi, il Comune espropri il terreno»

«Maxi pozzanghera di Piazza d'Armi, il Comune espropri il terreno»
di Ilaria Bosi
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Sabato 18 Dicembre 2021, 13:00 - Ultimo aggiornamento: 13:01

SPOLETO - Ormai da tutti è conosciuta come la «Piscina di Piazza d’Armi», ma non ha niente a che vedere con il vicino impianto natatorio comunale. Quello che ormai da anni, puntualmente, finisce al centro delle polemiche, senza che si riesca a venirne a capo, è il lago naturale che si forma, come inizia la stagione delle piogge, nel piazzale in cui si affaccia un palazzo che ospita famiglie, locali commerciali, farmacia, laboratorio analisi, ambulatori medici e studi professionali. Sia ben chiaro: il condominio non ha alcuna responsabilità, perché quel cortile, di fatto, è di nessuno. Il terreno, infatti, è rimasto in capo alla ditta che aveva costruito il palazzo negli anni ‘80, che però è fallita da tantissimi anni. La procedura in Tribunale è chiusa e la figura del curatore fallimentare è uscita di scena. Quanto basta perché quel terreno sia, di fatto, di nessuno. Del resto, a livello commerciale, quell’area è tutt’altro che appetibile, perché vincolata da una destinazione urbanistica stringente: parcheggio privato a uso pubblico, condizione posta come essenziale, all’epoca della costruzione, per il rilascio dell’agibilità del palazzo. Sta di fatto che non essendo di proprietà del condominio, né del Comune, nessuno provvede alla manutenzione e, come inizia a piovere, il lago torna a prendere forma, con tutta la pericolosità che ne consegue. Superfluo dire che gli eredi del titolare della ditta non abbiano alcun interesse a rilevarlo, perché oltre alla manutenzione non potrebbero farci altro.

Un groviglio burocratico che sembra difficile da superare, almeno per i privati. Alcuni di loro, qualche anno fa, hanno anche cercato di tamponare la situazione, facendo scaricare a proprie spese (e soprattutto a loro rischio e pericolo) un camion di breccia, nel tentativo di ripianare l’area. Una soluzione che, neanche a dirlo e nonostante le buone intenzioni, è durata pochissimo, visto che l’intervento che si richiede – dopo anni di abbandono – è decisamente più complesso. L’acquisizione dell’area da parte del condominio si presenta come un’impresa titanica: i proprietari sono complessivamente 63 e basterebbe l’assenza di soltanto uno di loro dal notaio per rendere l’eventuale atto di acquisto (comunque complesso sotto vari profili) nullo. «La questione della “piscina” – dice l’amministratore di condominio, avvocato Fabrizio Cesari Cesaretti – sta diventando sempre più difficile e problematica e non sappiamo davvero come uscirne. Qualche anno fa abbiamo avuto una breve interlocuzione con il Comune, poi la cosa è caduta nel vuoto. Ora ci hanno ricontattato, speriamo sia la volta buona per una soluzione di buon senso». Un modo per uscirne, infatti, ci sarebbe pure: «Il Comune – suggerisce Cesari – ha gli strumenti per procedere a un esproprio per pubblica utilità. Cosa che non possiamo fare certo noi».

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