Due ex maestre della scuola materna «Lampada Magica» di Case Bruciate sono sotto processo a Perugia con l’accusa di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, false attestazioni e truffa. I fatti contestati risalgono agli anni 2015/2016 quando - leggendo le carte della Procura della Repubblica - sono stati strappati disegni a bambini di quattro o cinque anni, costretti a mangiare nonostante l’inappetenza, oppure colpiti con «uno schiaffo al volto per un giocattolo da non portare» a scuola. Il processo contro le insegnanti - la prima ora ha 71enne ed è in pensione, l’altra, di 65 anni, lavora altrove - è in corso davanti al giudice monocratico Carla Maria Giangamboni, presidente della Sezione penale.
«Nell’ambito di attività didattiche aventi ad oggetto lo svolgimento di lavoretti o disegni - ricostruisce il pm nelle contestazioni alla 71enne - abusava ripetutamente dei mezzi di correzione in danno di un bambino di cinque anni strappando i suoi lavori e affermando davanti all’intera classe che ‘non era capace di fare nulla’ e che ‘disegnasse solo schifezze’, determinando chiari disturbi del carattere e del comportamento del minore», il quale «dopo tali esperienze manifestava un certo disagio nell’andare a scuola fino a chiedere di non andarci più». Qualche mese dopo - è sempre l’accusa - «iniziava a rifiutare di compiere qualsiasi attività manuale, ripetendo in continuazione di non essere capace». Comportamenti simili - emerge sempre dagli atti della Procura - sono stati tenuti nei confronti di altri due alunni. Un giorno, all’ora di pranzo, la stessa maestra vedendo che una ragazzina di quattro anni «aveva ancora tutta la carne nel piatto, pur sapendo che era inappetente, abusava dei mezzi di correzione imboccandola forzatamente e urlando per costringerla a mangiare». Risultato? Anche lei «non voleva più tornare a scuola e spesso piangeva». Solo qualche mese prima, nel giugno 2015, al termine del «sonno pomeridiano», l’imputata «colpiva con uno schiaffo al volto un bimbo per un giocattolo che il minore, a suo dire, ‘non avrebbe potuto portare’». Episodio che il piccolo riferì «in lacrime ai genitori».
Nel carnet delle accuse ci sono finite anche alcune presunte false attestazioni di presenza che sarebbero avvenute mediante timbrature del badge alla collega 71enne, quindi la contestazione di truffa in concorso per aver «indotto in errore l’amministrazione di appartenenza» ma anche per aver procurato alla 71enne «un ingiusto vantaggio patrimoniale corrispondente alla retribuzione percepita per attività lavorativa non svolta con corrispondente danno per l’amministrazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca». Alcuni giorni fa in aula c’è stato l’esame delle imputate, entrambe difese dall’avvocato Francesco Falcinelli: «Durante il confronto le mie assistite hanno ricostruito in termini molto diversi gli addebiti contestati, sottolineando l’insussistenza delle condotte lamentate». I genitori di due bambini hanno deciso di costituirsi parte civile attraverso l’avvocato Maria Mezzasoma; il Comune, ritenuto persona offesa, non si è invece fatto avanti in giudizio.
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