Medici beffati dal bonus babysitter, l'Inps: «È una discriminazione, una svista della legge, stop ai risarcimenti»

Medici beffati dal bonus babysitter, l'Inps: «È una discriminazione, una svista della legge, stop ai risarcimenti»
di Egle Priolo
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Martedì 23 Marzo 2021, 10:06 - Ultimo aggiornamento: 10:07

PERUGIA - Bonus babysitter richiesti indietro dopo mesi a medici di famiglia e guardie mediche, arriva la nota ufficiale dell'Inps che ha sospeso i pagamenti. Come anticipato nei giorni scorsi dal Messaggero, che ha seguito la vicenda dal suo esordio, le 122 richieste di risarcimento - avanzate dall'istituto con le lettere che richiedevano il pagamento entro 30 giorni dalla notifica – sono state congelate. Grazie certamente al rumore della vicenda, ma anche all'impegno che la direzione regionale dell'Inps Umbria ha profuso per arrivare a un accordo. Almeno per il momento.

«In attesa di chiarimenti da parte del Ministero del lavoro, tutti gli indebiti relativi ai bonus baby sitting e centri estivi non dovranno essere restituiti. È il risultato ottenuto dalla mediazione della direzione regionale Inps Umbria con la direzione centrale competente dell’Istituto e il Ministero del lavoro»: questa la comunicazione ufficiale arrivata ieri a firma del direttore regionale Fabio Vitale. Che ha riassunto la vicenda per non creare altri equivoci, dopo che addirittura alcuni organismi di categoria avevano in qualche modo scaricato i professionisti raggiunti dalle richieste di risarcimento, evidentemente ritenuti colpevoli dell'errore. Vitale, invece, fa di più e non ha dubbi a definire la vicenda come «discriminatoria». «La vicenda – spiega il direttore regionale - si origina dalle richieste di restituzione di somme indebite ricevute da alcuni medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, in prima linea nel combattere il covid. La normativa, infatti, prevede una differenza nell’importo del bonus percepibile: massimo 2.000 euro per i sanitari dipendenti pubblici e 1.200 per i sanitari privati. I sanitari che pur lavorando nel pubblico con un contratto di collaborazione - di natura privatistica - avevano chiesto ed ottenuto più di 1.200 euro avrebbero dovuto restituire l’importo eccedente. Si tratta tuttavia di un’evidente discriminazione, che necessita di essere posta all’attenzione del legislatore e del Ministero competente».
Secondo infatti la ricostruzione riportata su queste colonne, il problema si è creato per un'interpretazione evidentemente errata del bando, che - senza alcuna malafede - ha tratto in inganno oltre 120 sanitari. Che hanno chiesto il massimo, cioè 2.000 euro, previsto per i «lavoratori dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato». Ma invece, nonostante fiscalmente siano equiparati, ai fini del bonus i medici di base e le guardie mediche sono praticamente considerati liberi professionisti, convenzionati e non accreditati: su queste due parole si basa l'equivoco. Una differenza per cui i medici beffati avevano diritto a un massimo di 1.200 euro: da qui le richieste di risarcimento parziale. In Umbria c'è chi le ha ricevute da 300 fino ad 800 euro. Per una differenza semantica che, per esempio, ha consentito ai dipendenti di laboratori di analisi privati di poter ottenere il massimo e a un medico di base no.
«In questo momento emergenziale l’Inps è in prima linea accanto a medici ed infermieri nel contrastare la crisi sanitaria ed economica – prosegue il direttore Fabio Vitale -.

Questo è dimostrato non solo dall’enorme mole di prestazioni covid erogate dall’Istituto nell’ultimo anno, ma anche dall’aver messo a disposizione della campagna vaccinale le proprie strutture e i propri medici sul territorio». «A tutti i sanitari impegnati nel contrasto al covid va la nostra vicinanza e solidarietà – è la conclusione dell'Inps -, insieme all’assicurazione che ci impegneremo affinché eventuali discriminazioni dovute a “sviste” del legislatore o del Ministero competente vengano evidenziate e corrette».

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