Terni, inverno demografico: si erogano più pensioni che stipendi

Terni, inverno demografico: si erogano più pensioni che stipendi
di Monica di Lecce
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Domenica 8 Gennaio 2023, 09:12

LA QUESTIONE
A Terni più pensionati che lavoratori attivi. A dirlo è lo studio della Cgia di Mestre che fa riferimento ai dati del 1° gennaio 2022 secondo cui nella città dell'acciaio sono state pagate più pensioni, per l'esattezza 106mila, che stipendi fermi, invece, a 84mila. Come Terni, con un saldo negativo di 22mila unità, c'è Bari. Ma nella classifica dei capoluoghi con le peggiori performance, la Conca non è piazzata benissimo rispetto al Centro Italia ma neanche così male se si confronta con altre città del Meridione come, per esempio Lecce dove il saldo negativo è di 104mila unità o Napoli con un 137mila. In ogni caso rispecchia un trend in linea con il dato regionale. Se infatti Terni non ride, Perugia non sta meglio. Nel capoluogo di regione il saldo negativo tra pensioni (295mila) e stipendi (271mila) si attesta a 24mila unità. I due capoluoghi umbri insieme a Macerata (con -14mila) spiccano per criticità nel Centro Italia dove, sul fronte opposto, si registra l'ottima performance di Roma. Qui gli occupati sono 275mila in più rispetto ai pensionati. La tendenza a livello locale è in linea con quella nazionale dove il numero delle pensioni erogate (pari a 22 milioni e 759 mila assegni) ha superato la platea costituita dai lavoratori autonomi e dai dipendenti1 occupati nelle fabbriche, negli uffici e nei negozi (22 milioni 554 mila addetti), determinando un saldo negativo di 205mila unità. Andando ad analizzare il dato nel dettaglio, si osserva che nel Centro-Nord Italia i lavoratori attivi, anche se di poco, sono più numerosi delle pensioni erogate dall'Inps e dagli altri istituti previdenziali se si escludono proprio i casi di Umbria, Marche e Liguria, mentre a portare la classifica nazionale sul segno meno ci pensa il Sud. Campania (-226mila unità), Calabria (-234mila), Puglia (-276mila) e Sicilia (-340mila) rappresentano in termini assoluti le situazioni più squilibrate. Al contrario le regioni più virtuose sono Emilia Romagna (+191mila), Veneto (+291 mila) e Lombardia (+658mila).

Una delle ragioni principali di questo divario va ricercato nel calo demografico. La Cgia di Mestre rileva infatti, che «la forte denatalità da almeno 30 anni, sta caratterizzando il nostro Paese. Il calo demografico, infatti, ha concorso a ridurre la popolazione in età lavorativa e ad aumentare l'incidenza degli over 65 sulla popolazione complessiva. Si segnala che tra il 2014 e il 2022 la popolazione italiana nella fascia di età più produttiva (25-44 anni) è diminuita di oltre un milione e 360 mila unità». Il calo demografico non è una novità per la provincia di Terni che in alcuni centri detiene anche un vero e proprio record in fatto di popolazione anziana. Stando ai numeri dell'Istat, in cinque anni, ha perso 3.389 abitanti passando dagli 110.554 del 2018 ai 107.165 del 31 dicembre 2022. Interessante anche l'analisi delle fasce d'età. Dal 2018 al 2022 è diminuita la fascia 0-14 anni, passando da 13.178 a 11.953 unità, a conferma della denatalità. In calo anche la fascia 15-64 anni che va da 68.691 unità a 65.591, mentre aumentano gli over 65 che passano da 29.320 a 29.621. A fronte dei numeri nudi e crudi, c'è anche un altro problema che sconta il Ternano: quello della fuga dei giovani su cui da tempo è aperto un dibattito. 
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