I 99 Posse a Narni per la rivoluzione di Davide Sacco

I 99 Posse a Narni per la rivoluzione di Davide Sacco
di Aurora Provantini
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Giovedì 16 Giugno 2022, 01:10 - Ultimo aggiornamento: 11:37

NARNI - Un’esplosione di energia al teatro Manini di Narni. Dove alle ore 22 di sabato, per “Scritti sull’arte” da Karl Marx, scompariranno le poltrone.  Per far posto a quale performance? «Bisognerebbe coniare un termine ad hoc – spiega Davide Sacco, regista di questo lavoro – per dire cosa andrà in scena. Intanto pubblico, attori e musicisti si troveranno al centro del teatro. In piedi. Come se fossero in piazza quando scoppia una rivoluzione. E questo già potrebbe far capire di cosa stiamo parlando. D’altro canto una trasformazione passa attraverso una rivoluzione che, da che mondo e mondo, parte dalle piazze». Ci sta lavorando, Sacco: lo troviamo in teatro, a Narni, per preparare la sua rivoluzione (produzione Lvf) di linguaggi. Un debutto nazionale che coinvolge i 99 Posse, band che nasce negli anni Novanta come volantino del centro sociale Officina 99 di Napoli, e gli attori 𝐅𝐞𝐝𝐞𝐫𝐢𝐜𝐚 𝐑𝐨𝐬𝐞𝐥𝐥𝐢𝐧𝐢 𝐞 𝐃𝐚𝐧𝐢𝐞𝐥𝐞 𝐑𝐮𝐬𝐬𝐨.
Trent’anni dopo, i 99 Posse tornano sui palchi d’Italia predicando ancora l’urgenza di cambiare modello di sviluppo. E per la prima volta in teatro. Al Manini di Narni. «Ammetto che per noi è davvero la prima volta» – dichiara O’ Zulù. O Zulù, all’anagrafe Luca Persico, classe 1970, è il frontman della band: «Non sto nella pelle. Stavo andando in crisi di astinenza da teatro». Ma come, se è la prima volta? «Per la band, non per me, anche se arrivo in teatro tardi, a 48 anni». I 99 Posse, infatti, si sono sempre esibiti nei palchi delle piazze segnando la storia di un genere, con album pluripremiati come “Curre curre guagliò”, “Cerco tiempo” e “Corto circuito” . I loro concerti hanno cambiato il modo di fare e vivere la musica. «E ancora riusciamo a scuotere la gente con i nostri testi e la nostra musica» - afferma O’ Zulù. E’ in trepidazione per l’appuntamento di Narni: un esperimento in teatro insieme ad altre arti.
David Sacco dice che dopo aver ascoltato i 99 Posse, la gente torna a casa con la voglia di spaccare il mondo, è davvero così? «Sì, anche per noi. La nostra musica è il nostro modo di spaccare e di fare uscire la rabbia che abbiamo dentro». La stessa rabbia di trent’anni fa?
«Più o meno: sempre di rabbia parliamo. Allora avevamo bisogno di spazi in cui organizzarci. Ci sentivamo “gli esclusi” e siamo riusciti ad appropriarci dei centri sociali che erano stati costruiti per noi, ma che la politica non ci voleva consegnare. Diciamo che a noi non è mai stato regalato niente».
O’ Zulù sta sotto il sole, quando racconta quanto poco siano cambiate le cose, dagli anni Novanta. «Ho fatto parte di democrazia proletaria, dell’autonomia operaia, del collettivo dell’Officina 99. Ho occupato luoghi fisici ma anche immateriali. Qualcuno mi chiama “Che” ma sono tante cose insieme. Non a caso il primo disco l’ho intitolato “Suono questo e suono quello”». Un ragazzo del popolo che non si stanca di ripetere che «senza il fenomeno dei centri sociali così come lo abbiamo conosciuto negli anni Novanta, le case discografiche non avrebbero avuto il cosiddetto indie e non sarebbero esistiti i club alternativi. La nostra musica ha di fatto sfidato l’industria discografica».
A Narni vi rapporterete con un genere teatrale, anche.
«Poter interagire, entrare con i nostri linguaggi, senza bip, al Manini, coinvolgendo il pubblico come accade ogni volta che ci esibiamo, ci entusiasma almeno quanto celebrare Marx. Perché, non so se l’avete capito? Il suo pensiero è di una attualità sconvolgente».
Sconvolgente per sconvolgente, ci dice come si definirebbe ora?
«Come ho impresso sulla mia pancia: “Terrone di merda”». Quel tatuaggio, che scopre con fierezza, se l’è fatto fare quando era a Milano, a proposito di spirito ribelle. Con Marco Messina, Jrm (Massimo Iovine), Sacha Ricci, O’ Zulù è già sulla strada di Narni.

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