Gesenu, l'abilità colpevole degli amministratori
di girarsi sempre dall'altra parte

Gesenu, l'abilità colpevole degli amministratori di girarsi sempre dall'altra parte
di Italo Carmignani
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Mercoledì 28 Ottobre 2015, 12:26

PERUGIA - Con gli occhi chiusi o foderati, la politica guarda allo sfacelo della Gesenu come se vedesse bruciare il Pinatubo dall'altra parte del terra e non Ponte Rio, due passi da casa. Indifferente e stupita.

Nonostante il rischio di essere annoverati tra gli adepti della simpatica congrega dei Gambino o dei pluridecorati Santapaola, dalle parti dei palazzi della politica nessuno pare essersi mai preoccupato degli affari dell'azienda di famiglia. Come se ti entrasse in casa un gangster e tu prima ti volti, lo vedi e poi continui a guardare i Pokemon in tv perché pensi faccia parte della trama.

Vero, la società partecipata dal Comune di Perugia si occupa di robe maleodoranti, ma i suoi soci acquisiti nelle scorribande sicule mica erano fiori di loto e probabilmente almeno venti dipendenti in Sicilia hanno una fedina penale di cui andrebbe fiero per fedeltà acquisita Tano, detto Badalamenti.

Senza togliere nulla all'acume degli amministratori comunali e regionali, ma davvero dal balcone privilegiato del 51 per cento (prima) e del 45 per cento (dopo) della partecipazione pubblica in Gesenu nessuno ha visto giù in strada quelle strette di mano alle quali la giustizia attribuisce la leggerezza dell'associazione per delinquere di stampo mafioso? Quando venivano firmati i contratti per quei venti galantuomini in odore di mafia, davvero nella sede di Ponte Rio (Umbria), non Copacabana o Bogotà, a nessuno è venuto un minimo sospetto? E nel momento in cui l'ingegnere Giuseppe Sassaroli, scelto dai sindaci che hanno preceduto il tenero Romizi come rappresentante del Comune in Gesenu, garantiva a Toni Bacciulli uno stipendio, davvero non sapeva che a casa gli avevano trovato nell'ordine una bomba a mano e un fucile mitragliatore? Nessuno s'offenda al dubbio: girarsi sempre dall'altra parte, veramente non garantiva qualcosa alla politica umbra e perugina? Niente di vietato, per carità, ma non significava magari mantenere il potere, poter offrire qualche posto di lavoro o magari ottenere contributi per le feste di partito? Una teoria assurda, forse, ma ora tocca a loro smentirla. Curioso destino quello delle partecipate, quegli incroci tra pubblico e privato dovevano servire per risparmiare e sono diventati i più costosi pifferi per le campagne elettorali. Chi non ricorda certe linee di autobus nelle periferie buie a Perugia convenienti come gli acquisti di Ivana Trump? O certi vecchi appalti di Umbria Mobilità concentrati in mani di pochissimi fortunati?La politica passata è rimasta sorda per tanti anni, quella nuova, come i suoi amministratori (appena nominati) in Gesenu, ora ci sente e raccoglie cocci non suoi. È uso incivile estendere i propri interessi sulla pelle e le tasche di chi “non doveva sapere”. Per fortuna è ancora uso processuale estendere la responsabilità penale a chi “non poteva non sapere”.

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