Con David Byrne in scena
il futuro. E Uj balla con lui

Con David Byrne in scena il futuro. E Uj balla con lui
di Michele Bellucci e Fabio Nucci
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Sabato 21 Luglio 2018, 01:01 - Ultimo aggiornamento: 10:30

PERUGIA - Oltre quarant'anni di musica alle spalle, ma quei capelli bianchi nascondono la stessa curiosità e la stessa voglia di innovare cercando nuovi confini. David Byrne è sbarcato a Perugia non con un semplice concerto: musica, sì, e anche canto e poi teatro con 12 artisti che si muovono come sul set di un musical del futuro. E se i Massive Attack e Chainsmokers hanno puntato tutto sugli schermi e gli effetti luci, Byrne - che ha molta esperienza in quel campo - ha scelto di puntare sulla mimica, con coreografie da marching band e l'utilizzo del palco come fosse una scatola vuota.

Il live inizia così. Un palco vuoto e lui seduto al centro, con un cervello in mano. Un completo grigio e piedi scalzi. Tutto intorno catene che si alzano lentamente e lo sguardo luccicante. Che l'ex Talkin Heads abbia intenzione di stupire si comprende dopo pochi secondi. La band entra al secondo pezzo, sono tutti vestiti come lui e suonano in piedi, ballando. Quando Byrne imbraccia la sua Fender bianca e parte I Zimbra l'Arena fatica a trattenersi e il ritmo tenta anche chi è seduto in platea.

Ringrazia in italiano prima di pescare in un altro recente album: "I used to think that I should watch TV, I used to think that it was good for me". La sua atleticità avrà suscitato invidia in molti più giovani di lui, che è nato nel '52. Intanto i musicisti escono ed entrano in scena, sempre perfettamente coordinati, cambiando spesso strumento; l'elettronica si riduce ad una piccola tastiera (ovviamente appesa al collo del musicista così da lasciarlo libero di danzare con gli altri) mente sono decine gli strumenti etnici utilizzati o quelli dal suono minimale, come un triangolo. Racconta: "Quando un mio amico del Texas ha saputo che volevo mettere in piedi questo show, mi ha chiesto se avevo davvero in mente di suonarlo o avrei fatto un concerto in playback. No, ho scelto di portare questi grandi musicisti e ogni suono che sentite è reale, non c'è nulla di registrato". La band, inutile dire, risponde con una perfezione non scontata. Va infatti anche reso merito all'idea di suonare cordless, utilizzando microfoni in grado di seguire i continui movimenti restituendo un suono dinamico e pulito.

This Must Be the Place suona come un inno naif e la coreografia lo è altrettanto, con i musicisti che regalano al pubblico ampi sorrisi. Poi Byrne si riprende il centro del palco con un'altra pietra miliare, Once in a Lifetime, e improvvisamente ferma la musica: "sicurezza, lasciateli ballare!". Con un urlo il pubblico del Santa Giuliana si tuffa sotto il palco e l'ottava notte di Uj entra in un attimo nella storia. Le prime file, che si trovano davanti le schiene di chi prima era in fondo, non protestano; ci sono decine di over 50 che cantano e ballano. Stasera l'atmosfera è quella di un concerto rock, con tanto di folate "illegali" che riempiono l'aria. La scaletta scorre con continui salti temporali e viene proposta anche Toe jam di Fatboy slim. Poi uno dei momenti più intensi: "date un'occhiata a queste mani. Le mani parlano. Le mani di un uomo di potere". È uno dei momenti più solitari, l'inizio di Born under punches.

"I dance like this, Because it feels so damn good. If I could dance better, Well you know that I would" canta Byrne e in molti si chiedono se davvero questo sarà il suo ultimo tour. Tenendo una lampada in mano ripropone Bullet, con l'ex Talkin Heads che resta un faro nel buio mentre la musica gli gira intorno. Sul ritmo funk di Blind la sua enorme ombra si proietta alle sue spalle, poi pian piano anche quelle di altri musicisti raggiungono la stessa dimensione: sono quadri estemporanei quelli che Byrne e i suoi creano ad ogni pezzo, senza utilizzare altro che i loro corpi in movimento. 

Il primo break è dopo 50 minuti. Poco elegante il lancio verso il palco dei "cuscini" distribuiti in platea; Byrne rientrando li rimanda verso il pubblico facendosi una risata. A questo punto Dancing Together è un invito esplicito e nessuno si lascia pregare. Sulle note di un altro brano dei Talkin Heads, The Great Curve, saluta il pubblico di Uj. Negli ultimi show c'era ancora una canzone, stasera cosa accadrà? La voglia di avere ancora un po' di questo spettacolo esaltante spinge il pubblico a richiamare sul palco i musicisti. Invito accettato. La chiusura è tribale, con la cover di Janelle Monae, Hell you Talmbout, canzone di protesta "aggiornata" dalla sua band e capace di coinvolgere tutti i sensi.

E l'uomo venuto dal futuro già si prepara a lanciare il suo messaggio dal prossimo palcoscenico. Con il più grande degli effetti speciali: l'essere umano.

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