Città di Castello, bimbo di sei anni annegò in piscina: il processo è alle battute finali

Il tribunale in via XIV Settembre a Perugia
di Enzo Beretta
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Martedì 12 Settembre 2023, 07:11

È ormai davvero alle battute finali il processo contro due animatori di 21 e 24 anni sotto processo per la morte del piccolo Gianmaria Ciampelli, 6 anni, annegato il 15 luglio 2021 nella piscina del Centro Ippico San Giovanni di Città di Castello durante un campus estivo. Per loro le accuse riguardano l’omicidio colposo e l’omesso controllo. Ieri, in tribunale a Perugia, è stato sentito l’ultimo testimone della difesa, ossia il genitore di un altro bambino presente al momento dell’incidente. In questa fase i due giovani imputati «addetti al controllo del gruppo di minori» vengono accusati dal procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini di aver «omesso una concreta vigilanza sui piccoli che non venivano visivamente controllati». Tra cui Gianmaria, figlio di un noto allenatore di calcio, che in piscina non indossava i braccioli.

«Le circostanze in cui i bambini erano stati condotti in piscina, più di 26 bambini per due operatori - si legge nelle carte giudiziarie - rendevano gli stessi inevitabilmente sottratti ad una assidua vigilanza. Si riscontra una chiara violazione di norme cautelari generiche e specifiche laddove in particolare gli utenti della piscina, più di 26 e tutti di giovanissima età e per questo con ridotte capacità acquatiche, sono stati lasciati sotto la vigilanza di due giovani privi di titolo di assistente bagnanti e, comunque, di competenze specifiche». Viene dunque lamentata la «scarsa competenza degli operatori a fronteggiare i rischi insiti nell'attività svolta: al momento della tragedia uno dei due operatori era fuori dalla vasca e si era completamente disinteressato a quanto accadeva in piscina, l'altro era in piscina ma stava intrattenendo un bambino e così non gli era stato possibile accorgersi per tempo di quanto stava accadendo dietro le sue spalle».

I drammatici momenti della morte del bimbo, figlio di un noto allenatore di calcio, sono documentati dal filmato di una telecamera del circuito di sorveglianza diretta verso la piscina dell’azienda agrituristica: il video è finito agli atti dell’inchiesta che nei mesi scorsi ha già portato alle condanne con rito abbreviato - a un anno e ad un anno e otto mesi - dell’amministratrice legale rappresentante della struttura agrituristica e della responsabile del centro estivo. Entrambe hanno proposto appello ma l’udienza non è stata ancora fissata.

Stando alle conclusioni medico legali del dottor Massimo Lancia la morte di Gianmaria «è avvenuta in conseguenza dell’ingresso di acqua nei polmoni, con conseguente edema polmonare e blocco ematico degli altri organi ed apparati». «Il numero particolarmente elevato dei bambini presenti e la mancanza di idonea qualificazione del personale addetto alla vigilanza palesa macroscopiche e gravi carenze nella gestione dell’attività e nella presisposizione delle idonee misure di sicurezza - scrive il giudice per l’udienza preliminare che ha scritto la sentenza di condanna - carenze che assumono rilevanza causale rispetto all’evento morte». C’erano bimbi da vigilare, bimbi con «scarse competenze acquatiche»: «Per fronteggiare questi rischi erano stati incaricati due ragazzi che, invece, erano chiaramente privi di competenze specifiche e che in particolare non avevano mai frequentato corsi specifici di salvamento in acqua e non avevano conseguito il titolo di assistente bagnanti». Proprio su questi aspetti è impostata la difesa dell’avvocato Nada Lucaccioni: i due giovani - puntualizza il legale - non avevano incarichi di sicurezza, non erano bagnini o educatori, bensì semplici animatori.

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