PERUGIA - È passato ormai un anno da quando cinema, teatri, live club e tanti altri luoghi della cultura hanno dovuto interrompere la loro attività a causa della pandemia. Un tempo lunghissimo, soprattutto considerando che ancora oggi non c’è alcuna certezza su quando si potrà ripartire. Ieri l’iniziativa #Torniamoafarespettacolo ha coinvolto molti esponenti del settore con manifestazioni in tutta Italia, mentre l’Umbria ha dovuto accontentarsi di una piazza virtuale date le restrizioni in atto: «È evidente che qualsiasi possibilità di ripresa per l'Umbria - ha spiegato il segretario generale di Slc Cgil dell'Umbria Enrico Bruschi - non potrà prescindere di questo pezzo importante del suo patrimonio sociale, culturale ed occupazionale», mentre l’attore Alessandro Sesti in rappresentanza di Adu - Attrici attori danzatrici danzatori uniti ha sottolineato che «la Regione dovrà giocare un ruolo chiave nel preservare questa grande ricchezza e superare gli enormi problemi che caratterizzano il settore».
«Riaprire è necessario - ha chiarito Bruschi - ma occorrerà farlo sostenendo il lavoro di questo comparto, nelle sue mille forme e sfaccettature. È evidente che qualsiasi possibilità di ripresa per l'Umbria non potrà prescindere anche di questo pezzo importante del suo patrimonio sociale, culturale ed occupazionale». «Il rischio che dobbiamo evitare - ha sottolineato Emanuela Faraglia, responsabile produzione culturale per la Slc dell'Umbria - è proprio quello che quando la ripartenza ci sarà, speriamo il prima possibile, essa possa riguardare solo il vertice della piramide, quindi le realtà più grandi e visibili, ma lasciare briciole a tutto quell'universo variegato di realtà impegnate nel teatro di ricerca, nel sociale e in stretto rapporto con la cittadinanza e le realtà associative».
Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo lamentano in primis l’anomalia tutta umbra che riguarda le realtà associative che si occupano di cultura: «Abbiamo incontrato l’Assessore Agabiti la scorsa settimana - raccontano da Adu - chiedendo di correggere l’errore nell’ordinanza che equipara tutte le associazioni, senza distinzione alcuna, impedendo di fatto a quelle che si occupano di teatro e danza di lavorare.