Alex ucciso, la madre: «Dormivo, al risveglio era pieno di sangue». E in aula tornano le squadre del processo Kercher

Luca Maori e Manuela Comodi ai tempi del processo a Raffaele Sollecito e Amanda Knox
di Egle Priolo
4 Minuti di Lettura
Giovedì 2 Marzo 2023, 07:26

PERUGIA - «Mica sono scema, sono andata via dalla Caritas perché lo avevo capito che mi volevano portar via il bambino gli assistenti sociali». A parlare in aula è Katalin Erzsebet Bradacs, la donna di 45 anni accusata di aver ucciso a coltellate il figlio Alex di soli due anni a Po' Bandino il primo ottobre 2021.

E a quel «mica sono scema», in un processo che si gioca tutto sulla sua capacità di intendere e di volere, si aggiunge il carico della pirotecnica dichiarazione con cui ha dato il via al suo esame davanti alla Corte d'assise: revoca all'avvocato Enrico Renzoni - che l'ha seguita con determinazione dal suo arresto - e nomina di Luca Maori e Giulia Bongiorno, la coppia che ha portato all'assoluzione di Raffaele Sollecito nel processo per la morte di Meredith Kercher. Con un ritorno in aula di uno degli scontri più accesi degli ultimi anni: i due avvocati di nuovo all'angolo opposto del sostituto procuratore Manuela Comodi, che all'epoca accusava Sollecito e Amanda Knox e ora vuole arrivare alla condanna per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione per Bradacs, certa della sua imputabilità. L'avvocato Maori, comunque, ha già accettato l'incarico e sarà al fianco della donna già dalla prossima udienza, mentre non è per nulla scontato che Bongiorno accetti.
Gossip giudiziario a parte, l'esame di ieri ha visto Bradacs raccontare la sua infanzia, i genitori alcolizzati, le foto di nudo a 16 anni, il lavoro nei locali a luci rosse di Riccardo Schicchi a 19, poi la nascita del primo figlio, il ritorno in Ungheria e il successivo rientro in Italia come ballerina di night club. Poi l'incontro con Norbert Juhasz, la gravidanza, la nascita di Alex e la battaglia giudiziaria per l'affidamento, iniziata già con l'esame del dna perché lei non era convinta fosse lui il padre e non lo ha mai considerato tale. Fino all'attesa di quell'ultima decisione (con il piccolo affidato al papà) che le ha fatto ritenere opportuno allontanarsi dall'Ungheria il 12 settembre «perché non sapevo come sarebbe andata a finire».

Un'altra ammissione di ragionamento lucido che ora toccherà alla corte presieduta da Carla Giangamboni valutare. E ancora, il viaggio a Roma (alla Caritas, da cui appunto si è allontanata immaginando l'epilogo), il passaggio a Chiusi e infine quelle ultime ore tra Po' Bandino e Città della Pieve.

La mattina del primo ottobre – racconta - lei sente Norbert, si parlano: lui le spiega che lei avrebbe potuto vedere Alex come e quando consentito dal provvedimento del tribunale. Una notizia e una telefonata che l'hanno molto «innervosita». «Ho preso farmaci, ho bevuto birra e poi mi sono addormentata – ha raccontato -. Alex giocava con il trattore. Quando mi sono svegliata era insanguinato, l'ho preso su, era pesante, e l'ho portato al supermercato». Sulla famosa cassa numero 11 dove, dove alzandogli la maglietta pulita si è scoperto fosse invece morto, con diverse coltellate. Il racconto è proseguito con il ricordo della visione del famoso «uomo bianco» che le avrebbe parlato in ungherese e poi del passaggio di quell'uomo di colore che invece ha indicato come probabile assassino.
La psichiatra del carcere ha poi testimoniato del difficile inserimento di Bradacs in carcere, con le detenute che si rifiutano di partecipare ad attività in cui lei è presente, ma anche dei primi 45 giorni a Capanne in cui fu guardata a vista perché considerata a rischio suicidio. Periodo in cui ha inghiottito batterie di un telecomando e le punte di una forchetta di plastica come atti autolesionistici. In quel periodo le venivano somministrati farmaci che, invece, dall'inizio del processo in Corte d'assise lei non assume più, tanto che è stato necessario un tso nei giorni scorsi, per cui è rimasta ricoverata 24 ore, con la somministrazione forzata di farmaci stabilizzatori dell'umore e contro gli ultimi atteggiamenti aggressivi anche nei confronti delle altre detenute.
Si torna in aula il prossimo 10 marzo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA