Alexandru Ivan ucciso a 14 anni a Roma, un secondo fermo. Si stringe il cerchio attorno ai killer: caccia a un gruppo di nomadi

Le parti coinvolte, compresi i parenti del ragazzo, hanno fornito versioni divergenti

Alexandru Ivan ucciso a 14 anni a Roma, un secondo fermo. Si stringe il cerchio attorno ai killer: caccia a un gruppo di nomadi
di Camilla Mozzetti
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Mercoledì 17 Gennaio 2024, 07:54 - Ultimo aggiornamento: 18 Gennaio, 08:44

Per i legali del primo uomo fermato con l'accusa di omicidio in concorso, Corum Petrov, 24 anni, è solo questione di ore: i responsabili dell'omicidio e di coloro che hanno preso parte al regolamento di conti in cui Alexandru Ivan, appena 14 anni, è rimasto ucciso, si consegneranno ai carabinieri. Chi ha sparato però? E soprattutto perché? È stato un omicidio non previsto per affari di droga come si suppone? Le parti coinvolte - i familiari della vittima con in testa il patrigno e i due cugini Petrov, (oltre al fermato Corum resta a piede libero Dino) - danno versioni diverse sui fatti di quel venerdì sera. Ma ancor più sconcertante è la divergenza fra i parenti diretti e acquisiti della vittima che proprio venerdì si trovavano nel parcheggio della metropolitana fermata Pantano e hanno assistito al delitto. Partiamo dalla cronaca: ieri Corum Petrov non ha risposto all'interrogatorio di convalida del fermo ma ha reso dichiarazioni spontanee specificando cosa è accaduto quella sera. Intanto, nell'ambito delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati e di Treviso hanno eseguito il secondo fermo, emesso dalla Procura di Velletri. Il fermato, che si era allontanato subito dopo l'omicidio, si trovava nell'abitazione di una zia. L'uomo, che aveva fatto perdere le tracce dopo il delitto, è stato rintracciato appunto a Treviso.

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Dopo la rissa scoppiata nel bar "Esse Cafè" ha detto di essere stato contattato via Messenger dal patrigno di Alex che voleva assolutamente incontrare il cugino Dino, con cui era venuto alle mani, per chiarire.

Petrov prova a dissuaderlo, rimandando l'incontro al giorno dopo ma il patrigno, a suo dire, insiste a tutti i costi, così il 24enne organizza l'incontro che si sarebbe dovuto tenere all'inizio al bar Zagaria di Rocca Cencia salvo poi spostarlo al parcheggio della metro. 

LE AUTO

Qui i Petrov sarebbero arrivati a bordo di una Lancia Y, di proprietà di Dino che tuttavia non rientra tra i veicoli descritti dai familiari della vittima.
Nel parcheggio le telecamere riprendono solo un'auto bianca - che dovrebbe essere la Ford Fiesta notata dal patrigno di Alex da cui partono i primi colpi - e nessun altro veicolo.
Eppure gli spari vengono esplosi anche da via Casilina ma non ci sono prove per dimostrare la veridicità o l'infondatezza del racconto fatto da Petrov.

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Solo le telecamere del bar "Esse Cafè" riprendono questo veicolo dopo la rissa perché Dino Petrov sarebbe tornato per chiedere al cameriere di vedere proprio le immagini che hanno ripreso la scazzottata. Il 24enne ribadisce di non ave esploso alcun colpo e che neanche il cugino - di fatto indagato anche lui per omicidio in concorso - ha sparato. E allora chi è stato? I legali di Petrov parlano di due fratelli che sono poi quelli di cui parlerà lo zio materno di Alex, Gregorie che in fase di riconoscimento fotografico fa il nome di due uomini, cugini a loro volta di Petrov. I loro nomi di "battaglia" sono "Janco" e "Gramscia". Sarebbero loro ad aver esploso i colpi mortali ma non sarebbero entrati nel parcheggio, quindi non si sarebbero trovati sulla prima auto che spara, ma su un'altra che passa su via Casilina. La descrizione dello zio di Alex tuttavia è in contrasto con quella del patrigno. Chi è che non dice la verità? Se davvero qualcuno fra i partecipanti ne ha una piena contezza? E chi invece nasconde ciò che è accaduto per non far luce sul movente che ha prima innescato la rissa al bar e portato poi al regolamento dei conti? Tra i cinque sospettati - ai due cugini Petrov e ai parenti di quest'ultimi - si aggiunge un quinto uomo, romeno, che potrebbe aver preso parte anche lui alla rissa e che potrebbe esser stato colpito per primo dal patrigno del 14enne. Al bar l'uomo aggredisce, lui dice per uno «sguardo sbagliato» un individuo che le telecamere non inquadrano perché è girato di spalle, indossa una felpa grigia ed ha, all'inizio, il capo coperto da un cappuccio bordato di pelliccia. I carabinieri del Gruppo e della Compagnia di Frascati insieme ai militari del comando provinciale di Roma stanno continuando le verifiche, a partire da quelle sul cellulare di Alex che è stato consegnato dalla famiglia soltanto lunedì sera. A due giorni quasi dal delitto. È un I-Phone ed è bloccato come se qualcuno avesse provato ad aprirlo senza tuttavia conoscere il codice.

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