Facebook compie 20 anni: ecco come ha cambiato il mondo

Lavoro, comunicazione, relazioni con gli altri, immagine e anche reati: così la piattaforma ha cambiato le nostre vite. Parlano gli esperti.

I fondatori di Facebook Mark Zuckerberg (a sinistra) e Chris Hughes nel campus dell’Università di Harvard, tre mesi dopo aver lanciato Facebook dal loro dormitorio
di Valeria Arnaldi
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Mercoledì 17 Gennaio 2024, 13:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Gennaio, 06:47

LAVORO. INFLUENCER E CO. I NUOVI LAVORI NATI SUI SOCIAL 

​«I primi sono stati i social media manager, poi sono arrivati gli esperti della comunicazione di crisi perché anche il Pubblico è approdato sui social. E, con il tempo, sono emersi gli influencer, che di fatto hanno preso il posto dei tradizionali testimonial. Sono molte le figure professionali nate con Facebook», dice il sociologo e mediologo Mario Pireddu, professore associato all’Università della Tuscia. «All’inizio, molti le guardavano con snobismo, oggi le competenze che si sono sviluppate così sono diventate fondamentali per chiunque faccia comunicazione». 
La nascita di nuove professionalità ha, infatti, imposto un ripensamento anche di quelle tradizionali. «Le competenze sono in costante aggiornamento, Si tratta di unire strategie broadcasting da media tradizionali ad altre più specifiche dei social. Perfino Facebook ha finito per rincorrere questa evoluzione. Non ha inventato gli hashtag, li ha ripresi da Twitter, ma poi li ha introdotti e li ha portati anche su Instagram. E da TikTok ha derivato una differente velocità, portando alla novità dei reel». Piccole e grandi aziende devono essere presenti sui social e trovare il modo di dialogare con il loro pubblico. «L’ascolto è un tema chiave - sottolinea Pireddu - come la capacità di cogliere il sentiment degli utenti davanti a questo o quel prodotto. Oggi questo è normale, proprio per i social». 

COMUNICAZIONE. DIALETTO ED EMOJI, COME È CAMBIATA LA SCRITTURA

Post, commenti, messaggi: i social hanno aumentato le occasioni di scrittura ma ne hanno modificato le condizioni. Per parlarne abbiamo raggiunto Pietro Trifone, docente di Storia della lingua italiana nell’ateneo di Roma Tor Vergata e Accademico della Crusca, co-autore del libro “L’italiano nella Storia”. «La possibilità di digitare in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione, e la rapidità con cui si scrive e si legge determinano un minore controllo della scrittura e una maggiore tendenza all’informalità, con tratti del parlato e ricerca di espressività». Quest’ultima si manifesta con «la diffusione di espedienti grafici per segnalare l’intonazione e il volume della voce». E nell’uso di emoji, «che possono arrivare a sostituire completamente un messaggio verbale». Nel tempo, è emersa la difficoltà, specie dei giovani, «a selezionare coerentemente i registri in rapporto alla situazione. Si è parlato di caos espressivo. Altri hanno ricondotto la trascuratezza nella confezione testuale e la mescolanza di registri a un atteggiamento di whateverismo linguistico, cioè un’indifferenza nei confronti delle scelte di registro, che passano in secondo piano rispetto alla necessita di comunicare rapidamente». Non solo. «Il web propone una informazione ramificata e discontinua. Il mancato controllo delle fonti e la difficoltà di ricondurre un singolo dato a un quadro teorico più generale sono oggi problemi rilevanti, da cui derivano fenomeni come quello delle fake news». 

AMICI COME MERCE, OGGI I LEGAMI DURANO UN "LIKE"

Nato come strumento per creare connessioni con amici lontani, nel tempo e nello spazio, Facebook ha mutato profondamente il nostro modo di vivere le relazioni. «La nostra rete di amici e conoscenti, con Facebook, si è ampliata, ma alcuni rapporti si sono deteriorati», spiega Nicola Ferrigni, sociologo Link Campus. E l’amico, di fatti, è diventato anche “merce”, acquistabile tramite servizi ed agenzie ad hoc. «La ricerca forsennata dei like ha condotto effettivamente all’idea dell’amicizia come merce vendibile. E, comunque, pur senza arrivare all’estremo di acquistare contatti, l’ossessione di ottenere amici si traduce anche nella tendenza a mostrarci diversi da come siamo, adatti a piacere a tutti». Il mutamento di prospettiva ha avuto ricadute anche sui rapporti formali: oggi pressoché chiunque è raggiungibile tramite i social. «Facebook ha disintermediato i rapporti, rendendo orizzontali anche quelli che prima, con chi aveva un ruolo pubblico, erano verticali». Come si è tradotto ciò nella quotidianità? «La nostra è diventata una società del “tu”. La familiarità oggi è immediata. E questo nasce proprio dai social. I giovani non vedono rapporti condizionati con docenti, personaggi famosi e via dicendo, ma li vivono alla pari. E ciò accade anche sul lavoro».

Nella nuova visione dell’“amicizia” muta pure l’idea di privacy. «Non esiste più, è il concetto stesso ad essere superato. E anche dove si parla di difendere la privacy, di fatto, tutto è esternato, messo in piazza».

LE IMMAGINI ORA DIVENTANO CANONI DI PERFEZIONE 

«Grazie al social, l’esteriorità ha assunto un aspetto fondamentale nella nostra società», spiega Elisa Caponetti, psicologa Ordine Psicologi Lazio. «Siamo concentrati sull’apparire e sul doverci adeguare a un ideale di perfezione». E nella costruzione e diffusione di questi canoni ideali i social giocano un ruolo chiave. «Sui social vediamo continuamente immagini idealizzate altamente impattanti, ottenute anche attraverso filtri ed app ad hoc. Vale per le donne e per gli uomini, ad ogni età. L’accettazione sociale viene associata alla bellezza, che diventa chiave per il successo e il benessere». 
La trasformazione della propria immagine attraverso filtri può rendere poi difficile riconoscersi nello specchio. «Modificare la propria immagine per ottenere approvazione, nei soggetti più fragili, può creare uno stato ansioso legato al giudizio esterno. La bellezza viene vissuta come eliminazione di ogni imperfezione. E, per il culto di sé, l’immagine mostrata è fondamentale. Se si discosta da quella reale si può arrivare alla dispercezione di sé, con pesanti ricadute sull’autostima. Non rispondere ai canoni idealizzati può portare a frustrazione, senso di non accettazione e mortificazione, con conseguente tristezza e anche esclusione dal gruppo». 

LO STALKING IN CHIAVE CYBER È IMMEDIATO 

Crimini reali nel mondo digitale. La nascita e l’evoluzione della piattaforma social hanno comportato mutamenti anche in materia di reati e violenze. «Non solo Facebook o altri social, ma in generale il proliferare dell’uso del web nella nostra comunicazione e nelle relazioni ha fatto sì che molti comportamenti devianti e talvolta veri e propri crimini mutassero la loro forma originale», spiega la criminologa Flaminia Bolzan. «Pensiamo al cyberstalking, che attualmente costituisce un’aggravante, data proprio dall’uso della tecnologia, del reato di atti persecutori. Inizialmente, una delle modalità più “immediate” era l’invio di messaggi, anche minatori, a mezzo posta ordinaria. Oggi la molestia può essere perpetrata attraverso l’invio di mail e più ancora sui social network». Anche il cyberbullismo vede la violenza esercitata attraverso tecnologia e, spesso, social. Non solo. «La disinibizione comportamentale favorita dai social ha acuito l’uso di un linguaggio spesso vessatorio e certamente alcuni reati, come il revenge porn, sono enormemente legati alla possibilità di una condivisione rapidissima e di grandissima portata tramite la Rete». E ora si guarda, anche con preoccupazione, al metaverso. 

SCHIAVI DEI POST, SE LA CONNESSIONE SI FA DIPENDENZA 

«La frequenza con cui, via cellulare, controlliamo risposte a post, video e foto pubblicati sui social, spesso si discosta poco dalla dipendenza». Così lo psicologo Claudio Dalpiaz, esperto di dipendenze, appunto, e ludopatia dell’Ordine Psicologi del Lazio, definisce l’iperconnessione da social. «Si arriva anche a comportamenti ossessivi nell’andare spesso a controllare le “reazioni” del mondo digitale alle nostre azioni - prosegue - e si possono avere ansia e attacchi di panico, quando, anche per il semplice calo della batteria, non si è più in contatto con quel mondo». Non solo, In tale scenario, infatti, non mancano occasioni di gioco che, spesso vengono proposte proprio tramite social. «Sono giochini anche semplici, che magari portano alla creazione del proprio avatar, ma non di rado mascherano occasioni d’azzardo e in questo tempo incerto è facile cadere vittima di tali offerte, senza rendersene conto». Diverso è per le nuove generazioni. «I nativi digitali sanno gestire meglio gli aspetti e i tempi legati alla connessione, Non sono schiavi dei social, prendono quello che serve loro, ossia la base per la socializzazione, avendo però ben chiaro che il fine di tali piattaforme è massimizzare il proprio profitto». 

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