Il tocco di palla rapisce, la fragilità muscolare pure. Salih sta spesso male e di occasioni ne ha davvero poche, fatica a parlare l'italiano e Garcia lo molla presto. In pratica, un corpo estraneo. Tre minuti di partita contro il Chievo Verona all'Olimpico, quando la Roma giocava un altro calcio e le gare finivano molto presto. Tre minuti, quelli solo, tutto qui. Quel pomeriggio entra nel finale senza, ovviamente, lasciare traccia.
Passano cinque mesi, tra un infortunio e l'altro e tanta panchina, Uçan viene promosso. Scavalca Paredes (Keita e Pjanic sono squalificati) e Garcia lo manda in campo da titolare a Cesena, la partita che poteva sancire la morte o la resurrezione (andiamo verso la Pasqua...) della sua Roma. Il ragazzino, 6 gennaio del '94, reagisce bene.
Con quella faccetta da ragazzo della Banda della Magliana, non si spaventa mica: lucido, reattivo, qualche errore sì, ma tutto sommato la prestazione è più che sufficiente. E di questi tempi normalmente apprezzabile. Ma ora ritorna, inesorabile, il problema: che si fa a fine stagione? E torniamo a quei famosi 4 più undici. I quattro sono già finiti nella pancia del Fenerbhace, i restanti undici sono ancora nelle tasche della Roma. Quindi: o via undici milioni, o via Uçan (con i quattro del vuoto a perdere ormai evaporati). Un altro dubbio amletico, che Sabatini o chi per lui dovrà sciogliere.