LO SHOW
A rubare la scena, ieri sera, ci ha pensato però Mkhitaryan. Restituito ad una posizione più centrale dove sia con l’Arsenal che in Nazionale ha dimostrato di saper essere decisivo (non si segnano 164 gol in carriera per caso), gli sono bastati 52 secondi per liberare Kolarov al tiro. Il palo colpito dal serbo non ha reso giustizia al lampo dell’armeno. Che ci ha riprovato al 29’ con Kluivert, stavolta con successo: «La prima partita l’avevamo vinta solo 1-0 - ha spiegato poi nel post-gara - non era facile anche perché avevamo giocato appena tre giorni fa. Alla fine abbiamo pareggiato ma la cosa più importante è che siamo passati». È consapevole che servirà ben altro per andare avanti nella competizione. Gli avversari rimasti non sono modesti come il Gent ma per una sera può andar bene così: «In queste competizioni non ci sono squadre facili, tutti giocano e non guardano il nome dell’avversario. La mia posizione? Per me è l’importante è soltanto giocare e aiutare la squadra. Poi se avviene a sinistra o a destra o da centrocampista o più avanti, non importa. Voglio aiutare la squadra a fare gol e basta». Parole che tradiscono una voglia di esserci non secondaria. Del resto questa stagione Mkhitaryan è stato più in infermeria che in campo. In campionato ha racimolato appena 723 minuti, ai quali aggiungere i 209 in Europa League. Il totale (932) non arriva nemmeno a 1000 minuti, ossia l’equivalente di 10 partite in una stagione che per i giallorossi ha già toccato quota 35 gare. La speranza è che Henrikh possa finalmente trovare continuità d’impiego. Anche perché, pur giocando pochissimo ha già collezionato 5 gol e 3 assist (compreso quello di ieri) con una prerogativa da grande giocatore. In campionato ha infatti calciato in porta appena 10 volte. Tradotto: ha una media di realizzazione pari al 50%.
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