Così no. Sarebbe ingiusto scaricare su Pirlo tutte le responsabilità di un fallimento che forse era nell’aria dopo le difficoltà della scorsa stagione. E comunque non si può vincere sempre, nove anni di successi restano pur sempre un’enormità. Ma quello che non torna è il modo. Oltre che le parole che l’accompagnano. Quando lo senti rispondere alle domande di fine partita, ti sembra di ascoltare il Pirlo commentatore negli studi di Sky, non l’allenatore della Juventus. Parla dell’atteggiamento sbagliato della squadra, della mancanza di concentrazione o degli errori tecnici individuali come se fosse un osservatore neutrale, un talent, come si chiamano adesso gli ex giocatori che spiegano il calcio in Tv. Pirlo era un grandissimo talent. In campo però. In panchina è un principiante. E, parafrasando Arrigo Sacchi, se sei stato un buon cavallo poi non diventi automaticamente un buon fantino. Sono lavori diversi.
VIA AI SONDAGGI
In queste ore si susseguono i sondaggi su tutti i canali, i siti internet e le testate giornalistiche con la domanda classica in questi casi: di chi è la colpa della crisi della Juventus? Della società, dell’allenatore o dei giocatori? Di solito, le responsabilità sono logicamente da suddividere. Stavolta la risposta non può che essere una sola. È Andrea Agnelli che ha deciso, motu proprio, di affidare la guida della squadra più importante d’Italia, a caccia da tempo di una legittimazione europea, a un formidabile ex calciatore, uno di famiglia per giunta, cosa che alla Juve conta, che però non aveva un solo minuto di esperienza da tecnico: neppure da allenatore di formazioni giovanili o da assistente. Cose che altri famosi deb del passato, da Guardiola a Zidane a Mancini, almeno avevano fatto.
APPRENDISTA
Juve, Pirlo offre pareri non soluzioni, i colpevoli sono altri

di Gianfranco Teotino
3 Minuti di Lettura
Lunedì 22 Marzo 2021, 07:30
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