Se non sai stoppare il pallone, non riesci a scalare in difesa e non hai gamba, come dicono quelli che ne capiscono, puoi chiamarti come vuoi, ma finisci nelle retrovie, vieni inghiottito in qualche campionato minore all'estero o vai a divertirti fra i dilettanti. Di Mattia Destro, i meno giovani ricordano il padre Flavio (4 stagioni in A con l'Ascoli); e così Federico Di Francesco, figlio di Eusebio, oggi tecnico del Sassuolo, centrocampista di Roma e Nazionale; oppure il figlio di Enrico Chiesa (anche lui ex Azzurro), Federico, che con la maglia della Fiorentina ha esordito sul campo della Juve; e Giovanni Simeone, primo gol in A col Genoa domenica scorsa, erede dell'attuale tecnico dell'Atletico Madrid, Diego, protagonista in Italia con Lazio e Inter.
E poi i figli d'arte già sbarcati in Serie B, quasi tutti nel giro delle Nazionali giovanili. Nel calcio dei professionisti, per fortuna, meritocrazia non è ancora una parolaccia. A firmare le assunzioni è solo il campo, e non in nome del padre: non siamo mica alle cattedre universitarie o ai concorsi statali. Almeno in questo, viva il calcio.