Fred Buscaglione si era fatto un viaggetto per metempsicosi dentro José Mourinho, dopo il derby, per dire e ribadire che la Lazio era piccola, piccola così. Si è liquidato la cosa con un sorrisino: era il solito José che romanamente rosicava. Bologna, e tutto l’avvio di campionato, suggeriscono invece di analizzare meglio certi giudizi dello Special, perché è difficile che l’uomo racconti fesserie.
La Lazio è in crisi sul serio, appare rimpicciolita nel respiro generale, nelle sicurezze, nella coesione. Sarri non ha attecchito, il derby è stata un’illusione, uno snaturamento felice. Tutti rendono al peggio, nessuno è migliorato, tranne Immobile che è sempre lui. Chissà cosa pensa davvero Acerbi, ieri nervosissimo, degli equilibri tattici, come minimo avventurosi. E chissà quale disagio mascherano i sontuosi baffi da ussaro di Milinkovic.
Il derby di Roma stavolta indirizza gli umori al contrario: la Roma ne sbuca più forte, la Lazio piegata. Una Roma già grandicella, tende a sbilanciarsi perché è la più offensiva delle sette sorelle visto che gioca con quattro attaccanti, però segue con fede Mourinho, ne accetta qualche maltrattamento, poi tutti sfidano i propri limiti e vanno oltre. E’ sempre una questione di fede, e a Formello l’hanno smarrita. A Napoli ne hanno a pacchi, sembrano una squadra di crociati, che non prende quasi mai gol e attacca a sussulti felici. Spalletti e i suoi africani, bestialmente beccati pure a Firenze, ne sono il cuore.