Molti trovano un ulteriore sostegno, una volta maggiorenni e arruolabili, nei gruppi sportivi militari. Tutto questo, dalla base al vertice, ha bisogno di un germe iniziale, indefinibile ma spesso visibile, che si chiama talento. Quello, come il coraggio di Don Abbondio, se non lo hai, nessuno te lo dà. Ma se lo hai, sarebbe uno spreco disperderlo. Il cosiddetto Sistema deve funzionare in modo che questo non accada. Il nuoto azzurro sembra farlo grazie alla sintonia tra differenti componenti, dall’atleta al tecnico, dallo staff al dirigente, dalla società alla Federazione. Così accade che salgano sul podio ragazzi e ragazze, uomini e donne, dai 16 ai 30 anni, come è accaduto a Glasgow, tutte le generazioni differentemente nominate, Generazione X, Millennials, Generazione Z, quelli che, andando oltre l’anagrafe, sono la Generazione N, che sta per nuoto. E se la Pellegrini si prende un anno per pensare anche ad altro e ad una nuova Federica, ecco la Quadarella; se Paltrinieri non sta bene e non vince i 1500 ecco sulla distanza opposta che spunta quel lungagnone di Miressi; se mancano Detti e Martinenghi torna Scozzoli, si fa forte Codia e sboccia Panziera. E già stanno fiorendo la Cusinato, Megli, Vergani, la Castiglioni, Burdisso, i ragazzi della staffetta. E al Foro Italico i ragazzini sognano, s’intravedono, aspettano il loro turno. Ma nel nuoto italiano, oggi, può essere il proprio turno ad ogni età. Bisogna crederci come fa Federica, non arrendersi come fa Greg, buttarsi nell’incognito della distanza più breve come fa Simona, eccetera eccetera. Il nuoto italiano sembra avere un eccetera infinito e il popolo di “santi, navigatori” e quant’altro si scoprì pure di nuotatori. E vissero felici, contenti e vincitori
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