Le principali difficoltà dei “Masnadieri” derivano dal libretto - ripreso dal dramma di Schiller di Raeuben - che presenta delle oggettive incongruenze a partire dalla fine, in cui Carlo - diventato capo dei malviventi fra cui si è rifugiato pensando erroneamente che il padre volesse assassinarlo - uccide la sua amata Amalia, che giura di amarlo anche se è un criminale, perché non vuole trascinarla nel disonore.
«Rimettere in scena i Masnadieri - ha spiegato il regista - è un esercizio valido. Ho cercato di contestualizzarlo, di inserirlo in un contesto per far emergere quello che ancora vale la pena di mettere in scena». A partire appunto dalla musica di un «dramma fangoso, scuro, dove regna la menzogna» ha sottolineato Michele Mariotti, che dirige l'opera alla Scala e la dirigerà anche nella tournée in Finlandia di luglio, quando l'opera sarà eseguita al festival di Savonlinna.
Il lavoro fatto da regista e direttore è stato quello di dar vita ai singoli personaggi invitando gli interpreti «a cantare le frasi e non le note», sottolineando le emozioni. E il risultato, ha assicurato il tenore Fabio Sartori (che ha il ruolo del protagonista Carlo), «sarà una sorpresa un po' per tutti».
Rispetto ai compositori precedenti come Rossini o Bellini «Verdi - ha aggiunto il basso Michele Pertusi (Massimiliano) - mette subito in chiaro che lui entra nel dramma, con la sua musica evoca il sentimento dei personaggi e qui è molto evidente.
Ogni scena ha una scrittura diversa». Anche per Amalia che era una creatura idealizzata già nel dramma di Schiller «abbiamo cercato di trovare carne e sangue» ha spiegato il soprano Lisette Oropesa, al debutto scaligero. Così anche senza voler raccontare troppo delle soluzioni registiche McVicar ha accennato al fatto che l'escamotage per il finale è quello di ipotizzare che sia Amalia a volersi sacrificare per aiutare il suo amato. «È una musica - ha concluso Mariotti - che arriva alle viscere e al cervello».
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