E' un complesso dramma esistenziale che si snoda sovrapposto in un clima plumbeo e privo di orizzonti. In scena c'è il dilemma di chi siamo veramente, di chi vorremmo essere e di chi, invece, spesso siamo costretti ad interpretare secondo gli occhi degli altri. Una spirale ossessiva che farebbe la felicità di qualsiasi psicoanalista: frugare tra le pieghe della natura umana, in fondo, dimostra quanto è sfuggente, pronta a mutare, ostinatamente volatile la natura umana. La riconquista di una identità perduta è il tema al centro del dramma di Luigi Pirandello, 'Come tu mi vuoi' con la bravissima Lucia Lavia, una vera potenza della natura, nei panni della protagonista, L'Ignota. La regia di Luca De Fusco è raffinata e complessa. Lo spettacolo è una coproduzione fra lo Stabile di Catania, di cui è direttore artistico, il Teatro della Toscana e il Sannazzaro di Napoli.
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Lo spettacolo in cartellone al Quirino a Roma è capace di fare riflettere, lavorando inesorabilmente dentro.
Pirandello spesso usa la finzione come strumento di ritorsione contro le prevaricazioni di chi vuole cambiare gli altri. Come tu mi vuoi viene considerato il capolavoro della sua maturità artistica e, secondo gli esperti, forse in assoluto una delle opere meno conosciute. Venne rappresentata per la prima volta il 18 febbraio 1930.
Ispirata a una nota vicenda giudiziaria, quella del famoso caso Canella-Bruneri che ha tenuto gli animi sospesi sulla vera identità della persona alla quale i due nomi erano attribuiti da opposti schieramenti, senza una convincente soluzione, la commedia trasferisce l’identità di un personaggio femminile proiettandolo in un giallo noir: l’amante contesa tra Cari Salter col quale vive a Berlino, e Bruno Pieri che pensa di ritrovare in lei, Lucia, la sua moglie scomparsa. Nel testo la protagonista è ballerina a Berlino, fa vita notturna frequentando giovani gaudenti e si trova insidiata dal vecchio scrittore Salter e anche dalla figlia di lui, ragazza ambigua e sfuggente. Boffi, un personaggio, crede di riconoscere in lei Lucia, moglie del suo amico Bruno Pieri, scomparsa dopo che la loro casa fu occupata da soldati tedeschi durante l’invasione del Veneto. Tutti pensano che Lucia sia stata violentata e portata via o forse fuggita per la vergogna. L’Ignota sembra interessata e divertita dalla nuova situazione che si prospetta, risponde in maniera ambigua confondendo gli interlocutori. Poi confessa di non poterne proprio più della vita che conduce, di desiderare di fuggire da se stessa. Alla fine diventerà volentieri Cia per avere finalmente una vita nuova. Ma per lei non è la liberazione. Successivamente nella casa italiana zio Salesio e zia Lena la riconoscono per Cia; lei si offre totalmente a Bruno Pieri, felice di fargli ritrovare la moglie scomparsa. Ma il suo entusiasmo crolla quando sa che con la sua venuta il Pieri ottiene di riavere la casa che con l’attestato di morte di Lucia è passata alla sorella Ines. Sente tutto «insudiciato» da questo «intrigo sporco d’interessi» e sintetizza a Bruno: «Sono venuta qua; mi sono data tutta a te, tutta; t’ho detto: Sono qua, sono tua; in me non e’è nulla, più nulla di mio; fammi tu, fammi tu, come tu mi vuoi».
Sentiva d’essere diventata lei la vera Cia, lei che aveva voluto riconquistarsi una vita pura. Da questo momento si adopera a insinuare il dubbio in tutti. Tutto si complica quando arriva l’ex amante tedesco Salter, con un medico e una povera demente in carrozzina che pronuncia ossessivamente il nome Lena (che è quello della zia di Cia) presentandola come la vera Lucia. Nonostante la spontanea repulsione che tutti i presenti hanno a riconoscere Lucia nella demente, l’Ignota cerca di alimentare i loro dubbi su se stessa. Alla fine abbandona la casa dove era naufragato il suo sogno di purezza e d’autenticità e torna col vecchio Salter, lasciando tutti nel dubbio sulla sua identità.