Canessa: «Callas e Tebaldi, una rivalità che alimentò il miracolo italiano»

Francesco Canessa con Renata Tebaldi e Maria Callas
di Simona Antonucci
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Martedì 5 Febbraio 2019, 22:06
Critico musicale del Mattino, sovrintendente del Teatro San Carlo (dal 1982 al 2001) e ora scrittore: Francesco Canessa presenta mercoledì 6 febbraio, alle 18, al Pontificio Istituto di musica sacra (piazza di sant’Agostino 20a) il libro “C’eravamo tanto odiate - Maria Callas alla Scala, Renata Tebaldi al San Carlo”.

Testimone e partecipe di quel dualismo che coinvolse i due Teatri storici italiani in cui primeggiavano, la Scala e il San Carlo, Francesco Canessa racconta tra documenti, episodi e personali esperienze l’ambiente in cui nacque la rivalità, i personaggi che la determinarono, da Ghiringhelli a Di Costanzo, a Barreto Pinto, a Rossellini, a Visconti; il suo inizio, lo sviluppo e le implicazioni sociali, l’eco internazionale ed il peso che ebbe nel recupero dell’interesse del mondo per i valori dell’Italia musicale.

Accanto all’autore partecipano il soprano Maria Grazia Schiavo, protagonista al Teatro dell’Opera della
Traviata con i costumi di Valentino e la regia di Sofia Coppola, il maestro Ciro Visco, direttore del Coro di Santa Cecilia, la giornalista direttrice di Rai Quirinale Mariolina Sattanino e il regista lirico Riccardo Canessa.

Perché si odiavano?
«Non si odiavano. Carriere separate e vocalità diverse. La rivalità fu creata dagli impresari dell'epoca e dai sovrintendenti dei teatri lirici».

Vocalità diverse.
«La Tebaldi rappresentava la sublimazione dello stile classico del Belcanto. La Callas riusciva ad asservire il Belcanto all’interpretazione drammatica: era la novità».

Che cosa dicevano l’una dell’altra?
«Alla Tebaldi dava fastidio che la Callas fosse diventata un personaggio del gossip internazionale
».

E la Callas?
«Per la Callas, la Tebaldi semplicemente non esisteva».

Nel suo libro sostiene che la rivalità tra le due cantanti ebbe un ruolo nel recupero dell’interesse per l’Italia musicale.
«Un dualismo che ha fatto da volano. In un Paese sotto le macerie, la lirica ha contribuito al miracolo italiano». 

E oggi?
«Il Belcanto lo fanno i russi».

Non esistono più divi?
«I divi oggi sono i registi».

Un suo ricordo della Tebaldi.
«Un giorno andando a prendere mia moglie dal parrucchiere la trovai sotto il casco con i bigodini».

E della Callas?
«Settembre del ‘77. Appuntamento a casa sua a Parigi. L’assistente ci disse che la signora si sentiva poco bene e non poteva riceverci. Dopo pochi giorni morì».

I teatri d’opera sono ancora un simbolo dell’Italia?
«L’unico momento in cui si parla l'italiano nel mondo è l’opera». 
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