Prima data a Milano per Roger Waters: «Grazie Italia per i migranti»

Roger Waters
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Mercoledì 18 Aprile 2018, 19:17
L’unica frase che Roger Waters sa pronunciare in italiano è «grazie mille», è lui a confessarlo al pubblico del Mediolanum Forum di Assago. Ma quelle due parole bastano per lanciare l’ennesimo messaggio politico dal palco del suo Us+Them: «Grazie perché salvate i migranti nel Mediterraneo».

È la prima data italiana del tour dello storico leader dei Pink Floyd, sold out come quella di stasera, l’ultima prima dei quattro show a Bologna dal 21 al 24 aprile e dei live outdoor dell’11 luglio a Lucca e del 14 luglio a Roma. Waters è annunciato dal video di un cielo rosso che promette tempesta energetica, lui imbraccia il basso e appare con la maglia nera d’ordinanza e il viso scavato da troppe storie. Apre con Speak to me - Breathe, un medley dall’album del 1973 Dark side of the moon, e il mondo sparisce alle prime note. Il pubblico è adulto, lo dimostra il numero trascurabile di cellulari accesi durante tutto il concerto, impensabile per una pop star o uno youtuber musicale. Scivola veloce su One of these days da Meedle del 1971 e poi ritorna al lato oscuro della Luna con Time e The great gig in the sky, quest’ultimo affidato alle quasi gemelle (esteticamente) Jessica Wolfe e Holly Laessig, leader del gruppo americano Lucius ma qui in veste di coriste.

Sono brave, la voce c’è, ma il loro assolo vocale è molto lontano dalla versione originale di Clare Torry. In due accordi siamo di nuovo al 1975 con Welcome to the machine, ultima stazione del passato prima di tre brani dall’ultimo disco Is This the Life We Really Want?, quello che ha scatenato la diatriba per la copertina simile alle opere «cancellate» di Emilio Isgrò, poi risolta con un accordo economico. Le esegue nello stesso ordine del disco: Déjà Vu, The Last Refugee, Picture That.

Diventano il tappeto musicale per le immagini di guerra che scorrono sul maxischermo alle spalle della band; l’effetto è straniante, l’emozione per quella musica di vita si scontra con il racconto della morte.

Il momento che tutti attendono arriva subito dopo, le note scandite alla chitarra di Wish you were here fanno tremare il Forum, che si sveglia dal sogno con la martellata sonora di Happiest days e soprattutto di Another brick in the wall.

Una quindicina di adolescenti sale sul palco con tute arancioni che ricordano i detenuti di Guantanamo e mentre accompagnano Waters col controcanto si spogliano mostrando una maglia con la scritta «Resist». La prima parte si conclude così e fino a questo punto Waters ha aperto bocca solo per cantare.

Aspetta la ripresa con Dogs per trasformare il concerto in uno spettacolo definitivo che resta in equilibrio tra teatro, cinema e comizio politico. Le tre versioni di Pigs sono uno sfogo contro il presidente americano Donald Trump, che è ritratto con il corpo da maiale anche durante Money e finisce sul fianco di un enorme suino volante pilotato come un drone.

Ancora una volta il messaggio è veicolato usando immagini parallele: l’aspetto buffo del maiale nasconde il potenziale pericolo allo stesso modo dei luccicanti droni militari che sembrano giocattoli e invece sganciano bombe. È a questo punto che il cantante fa riferimento al recente attacco in Siria e si scaglia contro Trump e Macron, auspicando che l’amore raccolto durante i suoi live possa essere usato per crescere e proteggere i bambini. Da qui è una discesa senza fermate nel mondo dei Pink Floyd: Us and them, Brain damage, Mother, Comfortably numb. Un gruppetto di nostalgici nel parterre tira fuori gli accendini per accompagnare la canzone ma è un attimo, poi tornano allo smartphone.
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