Carlo Verdone: «Sul set portavo i cd di George Michael»

Carlo Verdone: «Sul set portavo i cd di George Michael»
di Gloria Satta
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Martedì 27 Dicembre 2016, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 10:30

«Mi dispiace davvero che George Michael sia morto, alla fine di quest'annata nera che ci ha portato via tanti talenti della musica. Lo seguivo con interesse e le sue canzoni hanno scandito per un periodo la mia vita e i miei film», dice Carlo Verdone, regista di cinema, esperto di musica come pochi altri e batterista per diletto.

A quale periodo si riferisce?
«La fine degli anni Novanta, il momento in cui giravo Sono pazzo di Iris Blond, Gallo cedrone e C'era un cinese in coma. In quel periodo i cd di George mi davano la carica. A volte, al termine di una giornata di lavoro, facevo io stesso delle compilation dei suoi brani e le portavo sul set».

Ha sempre ammirato il cantante?
«Ho cominciato a seguirlo quando ha lasciato i Wham, chiudendo con lo stile festoso ma poco profondo degli anni Ottanta. Una volta in scena da solista, è diventato una star perché ha finalmente rivelato il suo talento e mostrato al mondo la sua anima».

Quali dei suoi album preferisce?
«Ne amo tre: Faith del 1987, Listen without prejudice uscito nel 1990, Older del 1996. L'ultimo è il migliore in assoluto. Tra i singoli, mi piace tanto Father Figure, lanciato nel 1988. Era bene orchestrato e intriso di malinconia: credo fosse autobiografico».

Perché secondo lei Michael è diventato una popstar di spessore mondiale?
«A causa della sua voce: era magnifica, profonda e versatile, altrimenti Paul McCartney e Aretha Franklin non avrebbero duettato con lui. Inoltre era capace di creare un'atmosfera. Dobbiamo ringraziarlo per questo».

L'ha mai sentito dal vivo?
«Andai al suo concerto romano, all'Olimpico, nel luglio 2007. Ne ho un bellissimo ricordo: George era un po' appensantito e sottotono, ma la voce non gli mancava e la presenza scenica era ancora formidabile. Si muoveva bene, cantava con sentimento, insomma era un ottimo showman».

Ha seguito i suoi guai giudiziari, gli scandali che hanno scandito la sua carriera?
«Sì, e mi è sempre dispiaciuto vederlo finire sulle prime pagine per motivi diversi dalla musica. Penso che Michael abbia perpetuato, purtroppo, il solito destino della popstar maledetta»

Cosa intende?
«Anche lui, come molti giganti del rock, è finito vittima del meccanismo implacabile del successo e di uno stile di vita sregolato».

Pare sia morto d'infarto.
«Forse si è trascurato, non ha fatto l'opportuna prevenzione. Ma bisogna assolutamente farla: anche un cardiopatico, se si controlla regolarmente, può salvarsi la vita».

Lei amava altri musicisti degli anni Ottanta?
«Soltanto gli U2, i Police e i Simple Minds. Gli altri gruppi non erano alla loro altezza, apparivano e morivano nello spazio di un giorno».

Vede un erede di George Michael?
«Non credo sia possibile individuarlo. Oggi nasce una popstar ogni dieci minuti e altrettanto rapidamente viene dimenticata».

Trova che i talent servano a scoprire le nuove star della musica?
«Forse sì, sono stati inventati proprio a questo scopo e a volte fanno emergere le voci. Ma le telegare canore cominciano ad essere troppe, tanto da rendere fuori moda le scoperte dell'anno prima. In tempi in cui è obbligatorio aggiornare tutto, pare che anche i talenti vadano svecchiati. Ma così non c'è il tempo di digerirli e apprezzarli».
 
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