Da Virzì a Marcorè, l'ascesa di Anna Ferraioli Ravel
"Io, un'attrice sempre mossa dalla curiosità"

In "Un altro Ferragosto" interpreta l'influencer tenera e disperata che si sposa a Ventotene

Anna Ferraioli Ravel
di Gloria Satta
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Lunedì 18 Marzo 2024, 16:14 - Ultimo aggiornamento: 16:18
Da Virzì a Marcorè passando per Verdone e Rubini, un presente di attrice e produttrice, un futuro da autrice, Anna Ferraioli Ravel è il talento poliedrico su cui il cinema italiano ha imparato a contare sempre di più. In ”Un altro Ferragosto”, la tragicommedia di Paolo Virzì attualmente nelle sale, Anna interpreta il personaggio-chiave di Sabry Mazzalupi, l’influencer romana tenera e disperata che sta per sposare sull’Isola di Ventotene, in un tripudio di dirette social, il coattissimo digital manager Vinicio Marchioni con la disapprovazione della zia Sabrina Ferilli. In ”Zamora”, convincente opera prima di Neri Marcoré (in sala il 4 aprile), l’attrice è invece una ragazza milanese degli anni Sessanta, emancipata e vitale, che tenta di ”svegliare” il fratello bamboccione Alberto Paradossi. Nata a Salerno 35 anni fa, cresciuta sulla Costiera amalfitana, poliglotta e molto colta, studi di Diritto internazionale alla Sorbona, diploma al Centro Sperimentale, Anna ha all’attivo tanto teatro e nel cinema diversi film tra cui ”Benedetta follia” di Verdone, ”Scordato” di Papaleo, ”I fratelli De Filippo” di Rubini in cui faceva la mitica Titina. Nel futuro si vede sempre più autrice.
Il suo è un nome d’arte?
«Mi chiamo Anna Ferraioli e a 17 anni ho aggiunto Ravel come segno di ribellione alla famiglia: cercavo una mia identità e ho voluto rendere omaggio a Ravello, la località della Costiera che mi rappresenta di più».
Che famiglia è la sua?
«Ha due anime, come i Molino e i Mazzalupi protagonisti del film di Virzì: da una parte, per il ”lato Molino”, c’è una tradizione di socialismo estremo e dall’altra, in quota Mazzalupi, ci sono dei grandissimi lavoratori».
Come ha avvicinato il suo personaggio di Sabry?
«Ho tentato di abitarla animando la sua fragilità, il suo bisogno d’amore, la ricerca della felicità. Senza mai scadere nella caricatura. Sabry è un personaggio struggente, poetico e disperato. Si porta dietro un destino di infelicità ma coltiva ancora la fiducia nel mondo».
E sul set di ”Zamora” com’è andata?
«Con Marcoré c’è stata una grande condivisione poetica, direi lirica. La mia Elvira è una femminista gioiosa che, al contrario di molte donne di oggi, non esclude gli uomini. Il film, un romanzo di formazione centrato sulla generazione dei trentenni, racconta un’Italia di cui si è persa la memoria. Proprio come ”Un altro Ferragosto”, rievoca quella identificazione collettiva in cui si lottava tutti insieme per inseguire gli ideali. Oggi, invece, imperversa la competizione individuale che scaturisce da un’angoscia profonda, dalla paura dell’altro».
Cosa cerca nel cinema italiano attuale?
«Mi sforzo di coltivare l’adesione a quello che faccio nella piena libertà. A dispetto dagli equivoci e i luoghi comuni che riguardano gli attori, sono convinta di fare un mestiere che riguarda gli altri, non me stessa. Mi considero uno strumento di comunicazione».
Come mai decise di recitare?

«Fin da piccola sentivo il bisogno di comunicare. Mentre stavo per terminare la facoltà di Diritto internazionale e al tempo stesso frequentavo anche dei laboratori teatrali, mi sottoposi ai provini sia per entrare  all’Accademia d’Arte Drammatica sia per essere ammessa al Centro Sperimentale. E fui presa dalla scuola di cinema».
Che attrice pensa di essere?
«In un mondo che ha un disperato bisogno di etichette, io non rientro in nessuna categoria. Lavoro mossa dalla curiosità».
Come produttrice cosa ha fatto, cosa sta facendo?
«Ho fondato la società ”Abuelita”, che in spagnolo significa nonnina, omaggio alla mia amata nonna. Venendo da una famiglia socialista militante, ho prodotto un documentario sulla sinistra europea e mi sto ora dedicando a un progetto sulla rivoluzione culturale a Cuba dopo la morte di Fidel Castro. Produco perché sono interessata ai rapporti tra le vecchie e le nuove generazioni».
Dirigerà un film come tante sue colleghe attrici?
«Per ora, mentre ho in programma di tornare al teatro, non avverto questa urgenza. Mi interessa di più raccontare una storia. Infatti in questo periodo mi sto dedicando alla scrittura anima e corpo».
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