Un secolo di Charlie Parker, il rivoluzionario. Riccardo Fassi: «L'essenza del jazz moderno»

Charlie Parker nasce il 29 agosto 1920. Un secolo del maestro del jazz
di Leonardo Jattarelli
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Venerdì 28 Agosto 2020, 09:10 - Ultimo aggiornamento: 09:22


L'America e non solo festeggia  “Il secolo di Charlie Parker". Bird 100 omaggia la nascita di un genio del jazz che vide la luce il 29 agosto 1920 in un sobborgo malfamato di Kansas City, la madre una donna delle pulizie, il padre un guitto da vaudeville che lo abbandonò da subito e finì ammazzato da una pugnalata infertagli da una prostituta. Nel ‘35 il ragazzo Charlie sposa Rebecca Ruffin e già può definirsi un professionista del sax: aveva imparato da maestri come Lester Young e Buster Smith, detto “Il professore”, entrambi attivi nei cabaret di Kansas City. Una vita di gloria e dannazione, marchiata dalla dipendenza dall'eroina che non lo lascerà mai, gli farà compagnia per sempre, come il suo sax. Quando scomparve, a soli 35 anni, era davanti al televisore nella suite dell’Hotel Stanhope sulla 5ª Avenue a New York, appartamento della baronessa Nica Rothschild de Koenigswarter che lo aveva ospitato negli ultimi mesi. La baronessa scrisse: «Al momento della sua partenza, ci fu un tremendo tuono. Non ci ho riflettuto in quel momento, ma da allora ci penso spesso. Un musicista ha ipotizzato che Parker si sia disintegrato in “suono puro”».

Riccardo Fassi

Della sua arte immensa, della nascita del Bebop, della tecnica innovativa di Charlie e del suo lascito per tutti quelli che avrebbero goduto della sua musica in eterno, parliamo con Riccardo Fassi,  pianista jazz di fama internazionale, dal 2004  titolare del corso jazz al Conservatorio di Firenze. Fassi è stato direttore didattico ed insegnante di Piano presso l’Università Della Musica Di Roma dal 1991 al 2002, docente di piano alla Scuola Popolare di Musica del Testaccio dal 1978 al 1999.  Come compositore e leader, ha registrato 24 dischi di proprie formazioni, tra cui 7 con la Tankio Band, che hanno ricevuto entusiastiche recensioni, e vari interessanti cd con gruppi comprendenti Roswell Rudd, Steve Lacy,Gary Smulyan, Adam Nussbaum, Dennis Irvin, Steve Grossman, Antonello Salis, Brian Carrott, Flavio Boltro, Alex Sipiagin, Bill Elgart e numerosi dischi come collaboratore di progetti altrui.

Charlie Parker e la nascita del Bebop: come si inquadra la genialità di Parker in quel periodo della storia del jazz?
«Nella storia del jazz Usa, tra la fine degli Anni '30 e l’inizio Anni '40, sono avvenuti alcuni cambiamenti fondamentali che hanno portato alla nascita del bebop. Da un lato il graduale declino delle big band e della musica da ballo nei grandi locali, dall’altro si assiste alla nascita di una nuova generazione di musicisti neri, ribelli e anticonformisti, che non hanno alcun desiderio di piacere al pubblico delle sale da ballo. Una nuova presa di coscienza emerge nella comunità afroamericana e Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Thelonious Monk e Bud Powell sono i protagonisti di questa onda collettiva. Sono gli “Hipsters" amati da un pubblico di intellettuali, artisti e bohemiens.
Scrittori e poeti della beat generations come Jack Kerouac e Lawrence Ferlinghetti vedranno questi nuovi musicisti come idoli e modelli di riferimento. Parker cresce nel vivace ambiente musicale di Kansas City, e studia per un periodo col grande sassofonista Buster Smith che sarà per lui come un padre e una guida. In seguito avrà come modelli di riferimento i grandissimi Lester Young e Roy Eldrige. Parker cresce e sviluppa un nuovo linguaggio di improvvisazione più complesso, articolato, virtuosistico e armonicamente ricco di soluzioni e sostituzioni. Rispetto al passato è una vera rivoluzione! Le caratteristiche di questo nuovo jazz sono una tendenza ai tempi veloci “fast tempo”, temi ritmicamente molto complessi, quindi una musica non più ballabile, ma da ascolto. Nei brani lenti, Parker si fa drammatico e struggente. È l’emergere di una nuova sensibilità più moderna,complessa e nevrotica. Parker incarna il cambio di rotta del jazz moderno, e con lui parallelamente agiscono altri geniali giovani leoni del jazz come Dizzy Gillespie, Thelonious Monk e Bud Powell».


Charlie Parker e Miles Davis


La tecnica usata dal sassofonista che ha poi generato il bebop è spiegata da lui stesso come una sorta di “sorpresa” nata quasi per caso avvertendo la necessità di “aprire” spazi con il sax al contributo di altre suggestioni musicali... 
«Parker crea e aggiunge al jazz, nuove idee, nuove frasi, nuovi elementi. Una grande libertà formale; effetti sorpresa e cambi veloci di umore e direzione caratterizzano il suo stile. Durante i suoi soli cita frasi del jazz classico o temi classici con una certa ironia. Le sue velocissime e vorticose improvvisazioni sono dei voli spericolati ed impressionanti, da qui il soprannome “ Bird”. Le sue brillanti composizioni si basano spesso sulle strutture armoniche di brani molto famosi come I Got Rhythm di Gershwin, utilizzato in decine nuovi temi come Moose The Mooche , o vecchie canzoni come Indiana che diventa Donna Lee. Tale forma di composizione verrà denominata “ Contrafact” e diventerà una pratica comune nel jazz moderno».

Parker inizia quasi da ragazzino a suonare ed incontra quasi subito l’eroina. Un classico tema di genialità e dannazione che lo porterà alla morte. C’è un giorno preciso che viene raccontato dai biografi del sassofonista. Durante una registrazione, in uno studio, presente anche uno psichiatra per "supportarlo" e un giornalista, Elliott Grennard, che su quella notte maledetta scriverà un articolo intitolato “Sparrow’s Last Jump”.
«Parker incarna il mito “genio e sregolatezza“. La sua breve e disordinata vita è stata dominata dalla dipendenza dall’eroina. La drammatica conseguenza di ciò fu l’emulazione da parte di tanti giovani musicisti che vedendo in Parker un modello, pensavano di utilizzare l’eroina per raggiungere il suo livello. Tony Scott, che conobbe e suonò con Parker, mi raccontò che Charlie era molto contrariato e disse a Tony: «Se tu usi eroina io ti taglio la gola» (facendo il gesto con la mano sul collo). Purtroppo vi sono decine di episodi in cui un Parker “fatto di eroina” compie azioni assurde come dare fuoco alla propria camera d’albergo e poi correre nudo alla reception, o dare fuori di matto ed essere ricoverato in un ospedale psichiatrico (Camarillo Hospital- di lì il brano Relaxin At Camarillo)». 

Al di là della nascita di un vero e proprio genere, si può dire che esiste un jazz pre-Parker e uno post? Cosa ha cambiato il suo sax nella musica?
«Sicuramente si può dire che Parker ha rappresentato un fortissimo cambiamento nella scena del jazz. Prima di Parker il jazz classico era più gioioso, ludico, ballabile e melodico. Dopo Parker, più complesso, drammatico, ritmico, virtuosistico e in qualche modo più rispondente alla complessità della vita moderna per come si andava configurando».


La sua eredità. Cosa lascia Parker al jazz e in particolare al jazz di oggi? Quali sono stati i grandi del bebop che hanno contribuito a renderlo un genere unico?
«Parker ha lasciato una grande ed importante eredità musicale, con tante leggendarie incisioni e fantastiche composizioni, che è stata sviluppata e portata avanti da svariate nuove generazioni di musicisti. Insieme a Parker, tutto il gruppo di boppers a lui contemporanei ha dato un enorme contributo. Dizzy Gillespie prima di tutti, che negli Anni '40-'50 ebbe una big band che è stata un vero e proprio laboratorio del jazz moderno, e poi Thelonious Monk, Bud Powell, Max Roach, Fats Navarro, Kenny Durham, Howard Mc Ghee, Kenny Clarke e tanti altri. Per il sassofono i grandissimi Sonny Stitt, Cannonball Adderley, Jackie Mc Lean, Phil Woods hanno sviluppato in modo personale il linguaggio di Parker. Anche Sonny Rollins all’inizio fu influenzato da Parker, ma anche nel jazz più moderno Ornette Coleman e Eric Dolphy furono fortemente influenzati dal Maestro sviluppando poi una nuova musica molto personale. Parker è senza ombra di dubbio l’essenza del jazz moderno e la sua principale fonte di ispirazione da cui tante nuove musiche derivano».

Nelle scuole, nei Conservatori, quanto spazio viene dato. nello studio della materia, alla tecnica e alla storia musicale di Charlie Parker? 
«Nei corsi jazz dei conservatori spesso viene dato molto spazio alla musica di Parker. Personalmente nel Conservatorio di Firenze dove ho il piacere di lavorare e dirigere il dipartimento jazz, dedico molta attenzione alla musica di Parker e alla trascrizione dei suoi soli. Il linguaggio delle improvvisazioni parkeriane è fondamentale per le nuove generazioni, ed è una musica sempre molto viva e attuale».
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