“Tre giorni a Parigi”, nel romanzo di Mario Fortunato un avventuroso viaggio tra le incertezze del cuore

Cover "Tre giorni a Parigi"
di Sabrina Quartieri
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Mercoledì 3 Febbraio 2016, 21:20 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 14:30
Un avventuroso viaggio tra le incertezze più insidiose, quelle del cuore. Il nuovo romanzo di Mario Fortunato "Tre giorni a Parigi", edito da Bompiani, comincia con il ricordo di un’esperienza remota, ma che fa ancora male: una vacanza breve a Parigi, di soli tre giorni, veloce come un taglio; un'ombra del passato che Mario non credeva potesse rimanere così tanto salda nei ricordi. Infondo, è trascorso un bel po' di tempo da quando lui e Davide avevano vissuto quell’intenso momento di gioia e malinconia nella capitale francese. Improvvisamente i mesi, anziché avanzare, sembrano riavvolgersi all’indietro, risvegliando di colpo un grumo di sentimenti che non si era mai sciolto. 

I ricordi che riaffiorano nella mente di Mario sono fatti di piccoli dettagli, tra gesti e silenzi: dal quadro di Gauguin, la cui riproduzione oggi è appesa nella sua stanza, all’accento spagnolo di un ragazzo dalle parti di Notre-Dame, fino alla copertina di un romanzo, macchiata di caffè. Mario riesce con fatica a ricordare quante siano le stagioni trascorse da allora. A lui sembra un secolo, e forse lo è. I particolari di quel weekend sono ormai la testimonianza di un’epoca tramontata per sempre. Ma che cosa si erano detti in quei pochi giorni? E perché al ritorno avevano preso strade diverse? Per tutti e due doveva essere un nuovo inizio. 

O sapevano già che sarebbe stata la fine? Mario viene sopraffatto da un’onda improvvisa di dolore. Per un attimo desidera staccare il computer su cui poco prima aveva visto una foto di Davide a Place de l’Étoile. Solo un particolare non torna, in quell’intenso ingorgo di ombre provenienti dal tempo perduto: nell’immagine apparsa sullo schermo del pc Davide non cinge le sue spalle, non si stringe a lui, per immortalare il proprio affetto. Accanto a Davide, sorridente benché incerta, compare una giovane donna dagli occhi chiari e i capelli lunghi e morbidi. Si chiama Lara, ma questo Mario non poteva saperlo. 

«Con Fortunato ho l’impressione di trovarmi di fronte a quel genere di scrittore, raro nella letteratura italiana di oggi, che, pur partendo da uno stato d’animo poetico, riesce tuttavia a essere narratore». Così, un grande intellettuale come Alberto Moravia parla dell'autore di questo breve romanzo che indaga sulle debolezze dell’animo umano: Davide è sopraffatto dal desiderio di espiare le proprie colpe e allo stesso tempo nutre la speranza di riuscire a liberarsi dal proprio passato. Per questo accetta di tornare a Parigi, stavolta insieme Lara, e di non porre alcun limite o divieto. Nella Ville Lumière, la città dove si annidano i ricordi più vividi della sua vita precedente. Per Davide, il confronto con quella parte di sé, che lui cerca di non guardare in faccia, sarà inevitabile e molto doloroso. 

Pericoloso, persino. Tuttavia, proprio ciò che fa male esercita non di rado una forza d’attrazione irresistibile. Davide parte con Lara. Da questo momento in poi, i lettori stessi vivranno con questa ragazza i dubbi e le insicurezze di un incontro appassionante. E coinvolgente a tal punto, che ci si ritroverà a chiedersi come reagiremmo se capitasse a noi quello che sta per affrontare la giovane protagonista: se il nostro partner, cioè, ci invitasse a Parigi per un weekend e davanti a un quadro di Gauguin, ci capitasse di fiutare (grazie a un’allusione, a un accenno, a un silenzio) che in quel posto il nostro compagno ci è già stato, ma assieme a qualcun altro. Ancora, cosa accadrebbe se quel qualcuno si rivelasse del medesimo sesso del nostro partner. Infine, come ce la caveremmo se la chiave di questa catastrofe sentimentale fosse racchiusa proprio in quel quadro di Gauguin.

Mario Fortunato “Tre giorni a Parigi” (Bompiani, pp. 104; euro 11)

 
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