“Le mani della mafia”: il crac ambrosiano visto da Maria Antonietta Calabrò

Face & Book
di Carmine Castoro
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Lunedì 24 Marzo 2014, 17:56 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 10:56
Da un lato la Chiesa di Bergoglio che predica e pratica la ripresa di vecchi principi di umilt e solidariet; dall’altro, l’esistenza ancora di una vera e propria Cupola vaticana che fa speculazioni internazionali, nasconde conti di dubbia origine e ancor pi dubbia finalit, si sporca le mani, insomma, con il denaro e la plutocrazia.



Una matassa intricatissima che, non bastasse la “peste” della pedofilia che già pesava (e ancora pesa) enormemente sull’opinione pubblica mondiale, costringerà Papa Francesco sempre più a una difficile opera di ripulitura etica di strategie di affari e potentati che allignano all’ombra del soglio di Pietro. Gli scandali più recenti dello IOR (dal sequestro dei 23 milioni di euro che ha portato all’inchiesta penale contro l’allora presidente Ettore Gotti Tedeschi e l’allora direttore generale Paolo Cipriani, fino al blocco dei Bancomat in Vaticano, nel gennaio del 2013, e ai due arresti di monsignor Nunzio Scarano, don 500 euro) sono una conseguenza diretta dello scandalo del vecchio Banco Ambrosiano.



Questa una delle novità contenute nella riedizione aggiornata del libro investigativo di Maria Antonietta Calabrò sul crac Ambrosiano, il libro che agli inizi degli anni Novanta ha riaperto le indagini sulla morte di Roberto Calvi. In tre gradi di giudizio risulta ormai definitivamente accertato (la sentenza della Cassazione è del novembre 2011) che il banchiere Calvi è stato ucciso e che lo IOR riciclava soldi della mafia. Lo IOR ha continuato il riciclaggio grazie proprio ai cosiddetti “conti misti a gestione confusa” attivi dai tempi dell' Ambrosiano, conti individuati dalla famosa relazione ispettiva della Banca d’Italia del 1978, sfuggiti al processo per bancarotta e rimasti attivi fino al 2009, quando l’UIF della Banca d’Italia in base alla nuova normativa antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo, seguita all’attentato delle Torre Gemelle, ha segnalato l’anomalia alla Procura di Roma.



Si trattava di conti dello IOR in lire, su cui figuravano transazioni con clienti esclusivamente italiani. A differenza di quanto avvenuto con i creditori esteri dell’Ambrosiano (nei cui confronti lo IOR pagò a titolo di risarcimento transattivo, nel 1984, 250 milioni di dollari), i debiti dello IOR in lire vennero pagati per circa 100 milioni di dollari, subito dopo il fallimento della banca di Calvi, in modo che entrassero nelle poste attive di avviamento del Nuovo banco ambrosiano. Questi conti, anche detti “misti” (perché sono dello IOR, ma gli amministratori dello IOR vi operavano “in gestione confusa”, cioè senza rivelare i nomi dei clienti per cui compivano le operazioni), sono rimasti attivi, sopravvissuti per quasi trent’anni senza che di essi si parlasse più.



L’unica traccia ufficiale della loro esistenza risaliva al 1978. Ma nella seconda metà del primo decennio degli anni Duemila le griglie più strette delle normative internazionali li hanno infine messi nel mirino degli investigatori. Maria Antonietta Calabrò, giornalista del “Corriere della Sera”, si occupa da anni di Vaticano, politica ed economia. Nel settembre del 2012 è stata coautrice de I segreti del Vaticano sul caso del Corvo e su Vatileaks, un instant book pubblicato dal “Corriere della Sera” in occasione dell’inizio del processo contro il maggiordomo Paolo Gabriele.



Maria Antonietta Calabrò “Le mani della mafia” (Chiarelettere, pagg. 416, euro 14)
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