Viterbese, l'allenatore Calabro tra giardinaggio e famiglia. «Quella sconfitta contro il Rieti ancora la sogno»

Mister Calabro
di Marco Gobattoni
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Lunedì 30 Marzo 2020, 15:56 - Ultimo aggiornamento: 19:53
Questo tempo sospeso, dove non si sa cosa accadrà nell’immediato futuro, può servire per riscoprire antiche abitudini che il lavoro e la corsa frenetica della vita ci ha fatto dimenticare. Il tecnico della Viterbese Antonio Calabro – che sta passando il periodo più aggressivo del coronavirus in famiglia nella sua amata Puglia – per esempio si è riscoperto giardiniere. «Ho appena finito di sradicare due alberi che in giardino mi stavano creando problemi: ora dovrei tinteggiare le ringhiere ma non sono così convinto: in casa sono sempre stato poco attivo».

Lo sport è fermo e il calcio non si sa quando ripartirà, ma Calabro ha voglia di parlare della sua passione e del suo lavoro, partendo dall’argomento – purtroppo principe in questa fase – del coronavirus.
Mister: come sta senza calcio?
«Il calcio mi manca da morire. Mi manca il profumo dell’erba e la quotidianità della settimana che precede la partita. Detto questo vado subito dritto al punto: a noi chiedono di stare a casa sul divano; un sacrificio minimo che non è nulla a confronto di quello che stanno vivendo medici, infermieri e tutti quelli che in questi giorni lavorano in prima linea».  
Che idea si è fatto sul coronavirus?
«Inizialmente si è un po’ sottovalutata la cosa. Anche il calcio ci ha messo molto a capire che stava arrivando la tempesta. Dopo, come al solito, abbiamo reagito ed ora stiamo affrontando con rispetto ed organizzazione una problematica che coinvolge tutto il mondo».
Come sta evolvendo nella sua Puglia il virus?
«I dati sono in crescita, ma in maniera contenuta. Credo che questo sia dipeso dalle tante persone che sono rientrate da noi prima dello stop imposto tre settimane fa. Non mi sento di biasimarli: molti erano ragazzi che vivevano da soli con la paura che ha preso il sopravvento».
Però c’è da evitare a tutti i costi un’esplosione stile Lombardia: le strutture sanitarie pugliesi non reggerebbero.
«Detto che anche da noi ci sono eccellenti strutture è evidente che nel Sud Italia le difficoltà siano maggiori nel campo sanitario. In questi giorni però, nella mia Melendugno, vedo molta responsabilità: la gente ha capito la gravità della cosa e sta chiusa in casa».
Chiusa in casa come lei con tre donne tra l’altro.
«Sono fortunato ad avere la mia famiglia vicino. Sono spesso fuori per lavoro e me la godo poco: mi alleno con mia figlia più grande che fa ginnastica artistica e faccio qualche lavoretto in casa. Le miei figlie sono adolescenti: fanno scuola via Skype ma tenerle in casa è dura».
Veniamo al calcio: quando si ripartirà secondo lei?
«Questo non lo so, ma posso dire che penso ancora ogni giorno alla sconfitta contro il Rieti. E’ stata l’ultima partita giocata e la sera stessa avevo una voglia di rifarmi paurosa. Dobbiamo tornare a giocare e ad allenarci solo in massima sicurezza».
Maggio potrebbe essere la data giusta?
«Penso e spero di si. Giocando ogni tre giorni si potrebbe chiudere tutto entro il 30 giugno».
Sente i calciatori in questi giorni?
«Siamo in stretto contatto. Il mio staff gli consegna settimanalmente un programma di lavoro con i ragazzi che ci mandano i video delle sedute. Noi invece svolgiamo delle riunioni video dai rispettivi salotti di casa».
Quando si riprenderà sarà un nuovo campionato.
«Saranno talmente tante le variabili che in otto giornate potranno accadere cose impensabili prima dello stop».
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