Ilaria Salis, chi è (e cosa ha fatto) la maestra di Monza in cella a Budapest: dalle accuse al processo

Giovedì 18 Aprile 2024, 15:26 - Ultimo aggiornamento: 20:15

Manette e ceppi

Il caso di Ilaria Salis, rinchiusa inizialmente in un carcere con celle e situazioni indegne di un paese civile e quindi trasferita in strutture più idonee grazie alla pressione dei media e dell'ambasciata italiana, è deflagrato per quel trattamento con le catene che, secondo la difesa, viola il diritto europeo così come sono parsi illegittimi alcuni passaggi dell'iter processuale: ai difensori non è stata messa a disposizione la ripresa video della presunta aggressione. Mancava anche la traduzione in italiano dei capi d'imputazione. L'Hungarian Helsinki Commitee, organizzazione che difende i diritti dei detenuti, ha denunciato più volte il fallimento delle autorità ungheresi nell'adeguarsi alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo. Inoltre Amnesty International ricorda che la decisione quadro del 2009 del Consiglio europeo sul reciproco riconoscimento delle decisioni sulle 'misure alternative alla detenzione cautelare', che in questi casi prevede per il detenuto una serie di misure alternative, come i domiciliari, applicabili anche in attesa della sentenza. Inoltre giuristi sottolineano che «la Comunità europea ha stabilito la possibilità di ottenere gli arresti domiciliari nel proprio Stato, giustappunto perché non si verifichino disparità di trattamento tra cittadini europei, il cui pericolo di fuga non deve fungere da elemento discriminante». E' ciò che motiva la richiesta, finora respinta, dell'ambasciata e dei difensori di Ilaria Salis di avere i domiciliari in Italia e di poter partecipare al processo in videoconferenza.

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