Urologia sempre più hi-tech: diagnosi precoce e interventi mini-invasivi

Il professor Zarrelli: "Test più raffinati consentono operazioni conservative". Sanseverino (Auro): "Senza incisioni risolto il 95% dei casi"

Urologia sempre più hi-tech: diagnosi precoce e interventi mini-invasivi
di Francesco Guarino
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Giovedì 15 Giugno 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 14:33

Fino a qualche decennio fa si era soliti dire “grande chirurgo, grande incisione”, riferendosi al fatto che la maggior parte degli interventi più importanti, che solo i migliori e più esperti erano in grado di affrontare, prevedeva ampie incisioni della parete addominale o toracica, per sanare la malattia che aveva colpito gli organi interni.

Si trattava dunque di interventi molto demolitivi, per patologie spesso di natura oncologica, diagnosticate in fase avanzata.

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Come cambia l'Urologia 

«Oggi lo scenario è completamente cambiato», racconta Giovanni Zarrelli, Direttore UOC Urologia dell’ospedale Cardinal Massaia di Asti, e tesoriere dell’Associazione Urologi Italiani. «L’affinamento degli strumenti diagnostici (diagnostica per immagini, test biochimici, test molecolari) consente di scoprire molte malattie in fase precoce, spesso prima che manifestino sintomi clinici. Questo consente ai chirurghi di scegliere soluzioni più conservative, che possano conciliare la cura della malattia con la preservazione dell’organo interessato e della sua funzione. Pensiamo, in ambito urologico, al progresso rappresentato dall’introduzione nel percorso di diagnosi delle neoplasie prostatiche del PSA, della risonanza magnetica nucleare multi-parametrica e della biopsia prostatica con tecnica di fusione delle immagini.

Si tratta di tre metodiche diagnostiche molto diverse fra loro ma che, opportunamente utilizzate e combinate, rappresentano frammenti di uno stesso puzzle diagnostico». Diagnosi precoce significa poter offrire al paziente metodiche terapeutiche efficaci come chirurgia o radioterapia, con maggiori probabilità di guarigione, ma anche opzioni più conservative come terapia focale o sorveglianza attiva. Lo stesso straordinario progresso tecnologico ha completamente sovvertito i paradigmi della chirurgia; oggi i chirurghi più bravi sono quelli che riescono a realizzare interventi anche molto impegnativi attraverso accessi chirurgici sempre più piccoli.

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Le nuove tecniche di cura

Come spiega Roberto Sanseverino, direttore del Dipartimento Chirurgia Generale e Urologia ASL Salerno, e presidente dell’Associazione Urologi Italiani (Auro), «l’urologia è probabilmente la disciplina chirurgica dove questo cambiamento è avvenuto in maniera più radicale; la chirurgia tradizionale, così detta a cielo aperto, vive quasi esclusivamente delle controindicazioni della chirurgia mininvasiva. Si pensi alla calcolosi delle vie urinarie: un tempo i pazienti venivano sottoposti a interventi ripetuti e sempre più complessi; oggi le procedure endo-urologiche e la litotrissia intra ed extracorporea consentono di risolvere il problema nel 95% dei casi senza incisioni. Anche la stessa chirurgia oncologica è diventata una chirurgia di precisione; non più demolizione ad ogni costo, ma chirurgia conservativa, con estrema attenzione alla rimozione del male, ma anche alla preservazione della funzione e, soprattutto, della qualità di vita del paziente dopo l’intervento». Tutto ciò nella sempre maggiore consapevolezza da parte dei medici che preservare la qualità di vita sia parte integrante della cura della malattia. La vera sfida della chirurgia moderna è la sostenibilità economica di piattaforme chirurgiche sempre più sofisticate e costose; il problema va però affrontato in maniera più globale. Chirurgia di precisione significa infatti risultati migliori, minore degenza ospedaliera, più celere ritorno alla vita attiva, quindi minori costi sociali. Trovare quindi le risorse per un costante avanzamento tecnologico rappresenta un investimento irrinunciabile per il futuro della medicina e della chirurgia.

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