Pandemia Covid, Ilaria Capua: «Ne arriverà un'altra, ma c'è tempo per invertire la rotta»

Ilaria Capua: «Arriverà un'altra pandemia, c'è tempo per invertire la rotta»
di Carla Massi
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Giovedì 13 Maggio 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 14 Maggio, 10:08

«La salute è un sistema in evoluzione, che si trasforma ogni giorno. Parlare di salute circolare vuol dire avere ben chiaro che viviamo in un sistema chiuso e non aperto. Per ogni trasformazione deve esserci un meccanismo di compensazione. Immaginiamo il pianeta Terra come fosse il nostro sacco amniotico». Ilaria Capua, direttore del Centro di eccellenza One Health dell’Università della Florida, spiega così il concetto di “una sola salute” che lega gli esseri viventi, durante un incontro di Federchimica Aisa, l’Associazione nazionale imprese salute animale.

Virologo nell’era pre-Covid-19, medico veterinario, è la ricercatrice che ha guidato per anni il Dipartimento di Scienze Biomediche comparate dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie e Centro internazionale di referenza per l’aviaria.

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Lei dice che l’uomo, sulla Terra, è un coinquilino e non un padrone. Significa che la nostra salute è legata a quella degli animali, delle piante e dell’ambiente?

«Va pensato un benessere umano sempre più correlato al resto che ci circonda.

La realtà dell’infezione da Covid-19 ne è una tragica prova. Va ricordato che la stragrande maggioranza dei virus pandemici arriva dagli animali e dobbiamo sempre tenere a mente che gli esseri umani stanno nella stessa casella degli animali. Il salto di specie non è cosi inverosimile. Siamo lì accanto a loro, nel regno degli animali».

Ma non sempre è un dramma come questo che abbiamo vissuto...

«Molto spesso questi episodi si esauriscono da soli ma in alcuni casi l’emergenza può esplodere e riguardare tutti gli esseri umani del pianeta. L’emergenza Covid è stata originata in un mercato di animali. Ma, la mancanza di una diagnosi tempestiva, lo spostamento delle persone per il Capodanno lunare cinese e gli stessi fenomeni della globalizzazione hanno scatenato quella che chiamiamo una “tempesta perfetta”. La condizione drammaticamente ideale, cioè, perché accada ciò che è accaduto».

A distanza di più di un anno dall’inizio della pandemia è evidente che lo stretto contatto tra uomo e animale sia stato un fattore scatenante. È così?

«Questo meccanismo è quello che in gergo tecnico è definito spillover, il primo passo verso un’altra specie. Il virus si sposta da una specie a un’altra che in questo caso è l’uomo. È come un’onda che straborda, se non si interviene subito c’è il rischio della diffusione globale».

Solo l’uomo può invertire la rotta e pensare al futuro. Quale strada percorrere?

«Solo noi, esseri pensanti con alta concentrazione di materia grigia, possiamo intervenire. Mica possiamo chiederlo al lombrico. La strada? Quella che, dal punto di vista sanitario, economico e politico, permette di valutare in modo corretto tutte le aree di interconnessioni tra uomo, animali e ambiente».

Il primo passo quale dovrebbe essere?

«Avere una visione della salute globale da parte dei decisori ma anche dei singoli. Si deve partire dal concetto che esiste un’unica salute interconnessa. Sono amareggiata, per esempio, dal fatto che durante la pandemia i veterinari non siano stati coinvolti per niente. Medici e veterinari hanno bisogno di collaborare sulla salute pubblica e mantenere dialoghi aperti con farmacisti e agronomi. Ma anche con le altre discipline».

 

Questo nuovo modello di studio basato sulla salute circolare potrà essere un baluardo scientifico contro nuove pandemie?

«Sicuramente dovremo affrontare i problemi in maniera diversa e più integrata. L’uomo si deve porre come guardiano della salute del pianeta e non come invasore, insomma proteggere e prevenire partendo dal presupposto che la salute è un sistema».

In un momento così complesso lei riesce ad avere certezze?

«Sì, ne ho due. Una riguarda il futuro: un’altra pandemia arriverà, ce lo insegna la storia. E una arriva dalla riflessione su preparazione e risorse che abbiamo: un’altra pandemia gestita in questo modo non saremo in grado di affrontarla. Il tempo per invertire la rotta ce l’abbiamo, dobbiamo muoverci».

Lei ci può disegnare uno scenario prossimo venturo?

«In realtà gli strumenti per correggere il rapporto distorto tra uomo, animali, piante, ambiente li abbiamo. La pandemia da coronavirus è l’evento più misurato della storia. Non ci mancano certo i numeri per delineare ed affrontare nuovi scenari. Per operare in modo diverso e più sostenibile. E consegnare un mondo più sano e quindi migliore alle prossime generazioni. Le evidenze sono sotto i nostri occhi».

Pensa ad un gigantesco puzzle?

«Penso alla salute come sistema complesso e non come isole sparpagliate che riguardano la salute delle singole specie. Gli esseri umani sono interamente dipendenti dalle altre forme di vita per sopravvivere, dobbiamo guardare alla salute con occhi diversi. Possiamo farlo adesso o alla prossima pandemia».

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