Coprifuoco, a cosa serve? Per virologi ed esperti non è possibile stabilirne l’incidenza

Coprifuoco, a cosa serve? Per virologi ed esperti non è possibile stabilire l incidenza
di Graziella Melina
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Mercoledì 12 Maggio 2021, 22:02 - Ultimo aggiornamento: 14 Maggio, 09:30

Quanto incida il coprifuoco nel tenere a bada il virus, gli scienziati non lo sanno con certezza. Di sicuro c’è che il rientro obbligatorio a casa entro una certa ora è una misura di precauzione che serve per evitare gli assembramenti, e quindi la trasmissione del virus. Ma questa restrizione funziona solo se è combinata ad altre precauzioni ormai comuni, ossia il distanziamento e l’uso delle mascherine. 

Mentre in Italia si discute su un possibile allungamento dell’orario, in altri Paesi europei la restrizione alla circolazione serale resiste, seppure con orari diversi, come in Francia (tutti a casa dalle 19), e la Germania, dalle 22.

Ma c’è chi lo ha abolito: ultima in ordine di tempo la Spagna (niente restrizioni alla circolazione dal 9 maggio), preceduta da Portogallo, Belgio e paesi scandinavi. Gli scienziati italiani, però, preferiscono la linea della cautela.

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QUAL È L’EFFICACIA DEL COPRIFUOCO?

Non è possibile stabilire con certezza l’esatta incidenza di questa strategia nel mitigare l’epidemia. «È una delle tante misure che concorrono a rallentare la trasmissione del virus - rimarca Fabrizio Pregliasco, ricercatore di Igiene generale e applicata dell’Università degli Studi di Milano - Sappiamo che è efficace perché riduce la mobilità e quindi la possibilità di contagio interpersonale». Il coprifuoco da solo però non basta. «Si tratta di una restrizione che va messa in atto insieme a tante altre - mette in guardia Patrizia Laurenti, professore di Igiene dell’Università Cattolica di Roma - Per il momento, dunque, non abbiamo contezza che il coprifuoco di per sé abbia un peso rilevante nella modifica dell’andamento dell’epidemia. Ma è plausibile che abbia contribuito a rallentare la diffusione del virus insieme a tutte le altre precauzioni di sicurezza». 

COSA CAMBIA SE SI SPOSTA DI UN’ORA O DUE?

Dal punto di vista epidemiologico non è possibile definirlo. «Un’ora in più o in meno non cambia molto - rimarca Claudio Mastroianni, direttore di malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma e vice presidente della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali) - quindi credo che pensare di spostarlo di qualche ora in avanti sia un ragionamento che si possa fare». Ma bisogna mettere in conto che la circolazione delle persone rappresenta comunque di per sé un fattore di rischio. «È ovvio che se si dà la possibilità di rimanere più tempo fuori casa - sottolinea Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-medico di Roma - ci saranno più probabilità di avere aggregazione e magari di potersi infettare». 

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PERCHÉ LA SERA BISOGNA RICORRERE A UNA MISURA COSÌ RESTRITTIVA?

I rischi di contagio sono possibili sempre. «Il problema, però, è che in genere - sottolinea Mastroianni - durante le ore serali e di notte soprattutto fra i giovani sono più frequenti situazioni di assembramento. Ricordiamo poi che è proprio questa la fascia di età che in questo periodo sta favorendo la circolazione del virus». I giovani sono dunque gli osservati speciali. E non c’è da stupirsi, visto che, come ricorda Ciccozzi, «non essendo stati ancora vaccinati, ora sono i più suscettibili al virus e quindi si ammalano di più. E poi, avendo una maggiore socialità rispetto agli ultra quarantenni, la sera e la notte si incontrano e si aggregano di più di tutti gli altri, e quindi possono trasmettere il virus».

QUANDO SARÀ POSSIBILE ABOLIRLO?

Per il momento, gli esperti preferiscono attenersi ai dati dei contagi. «È meglio mantenerlo ancora, ma con una progressione dell’orario - precisa Pregliasco - Credo sia fondamentale liberarsene con gradualità, ma solo quando saremo più avanti con le vaccinazioni, così come le altre nazioni. Tutto dipende dall’andamento epidemiologico». Per deciderlo, serve dunque un costante monitoraggio di diversi parametri, come il numero dei contagiati, ma anche le ospedalizzazioni. Meglio, intanto, rimanere cauti e ipotizzare uno spostamento del coprifuoco di qualche ora. «Gradualmente - osserva Laurenti - si può estendere l’orario di apertura dei locali, anche perché andiamo verso la bella stagione e si sta di più all’aperto. Però, con una discriminante, ossia il rispetto delle regole. Ricordiamo che anche all’aperto, infatti, se c’è assembramento e ci si toglie la mascherina il rischio di contagiarsi rimane».
 

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