Soldati ormai così “familiari” per i romani

di Mario Ajello
1 Minuto di Lettura
Domenica 6 Dicembre 2015, 00:07
Ci sono più militari a Roma che nella base Nato dove lavorava mio padre
@icloudbeDebbie
È bene che ci siano sparsi in città tutti questi soldatoni e soldatini in tuta mimetica e mitragliatore ben stretto in pugno. Rassicurano e servono. A che cosa? A tante cose. Non soltanto a difenderci dai terroristi.
I romani hanno, infatti, cominciato ad utilizzare i militari, piantati in mezzo alle strade, per qualsiasi bisogno della vita quotidiana in una Capitale un po’ abbandonata a se stessa. I soldati sono concentrati e attenti nel loro lavoro di controllo - eccoli davanti alla basilica di Santa Maria Maggiore o alla fermata della linea A della metropolitana alla stazione Ottaviano o a piazza Barberini oppure dappertutto - e noi cerchiamo di importunarli in ogni maniera.
«Scusi, signor caporale, il tre e sessanta ferma a Piazza Zama?». «Scusi, piccolo fante, lo sciopero dei mezzi finisce alle dodici e trenta o più tardi?». «Per favore, capitano, lei è un alpino? Allora sa dirmi il pullman per il Terminillo da dove parte?». I militi per gentilezza cercano spesso di rispondere. Si sono trasformati in ufficio informazioni, in google maps in carne e ossa e fungerebbero anche da call center o da telefono azzurro se potessero rispondere al telefono cellulare ma non possono perché le mani sono occupate dal mitra.
La Roma al tempo dell’Isis e del dopo Parigi è anche questa. Ed è tipicamente locale, anche se forse poco marziale, l’uso della forza della gentilezza.

mario.ajello@ilmessaggero.it