Roma, il successo del centro anziani aperto a tutti. Dove gli ottantenni sfidano a scacchi i bambini

Roma, il successo del centro anziani aperto a tutti. Dove gli ottantenni sfidano a scacchi i bambini
di Pietro Piovani
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Lunedì 19 Settembre 2022, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 10:36

A Roma ci sono anche cose che funzionano bene, e proprio perché sono così rare sarebbe giusto parlarne di più. Per esempio il centro anziani di viale Trastevere, che esiste da tre decenni ma dal 2018 vive una stagione nuova. In quattro anni è passato da 170 iscritti a quasi 750: centinaia di anziani che, invece di stare a casa da soli, incontrano altre persone e si divertono, in un ambiente bello e curato. Sono trasteverini ma anche abitanti del Portuense e di zone ancora più lontane, arrivano con i mezzi «perché sennò il parcheggio dove lo trovi». Il concetto di anziano qui è elastico, ci si può iscrivere già a 55 anni. Il centro organizza corsi di scacchi, ballo, acquerello, “informatica e uso del telefonino”, “ginnastica dolce” e “yoga della sedia”, concerti dal vivo e domeniche danzanti, dibattiti e cene sociali, si coltiva l’orto, naturalmente si gioca a carte.

Livia, 89 anni, è alle prese con una briscola. «Io prima passavo le giornate in mezzo alla strada, a piazza San Cosimato. Poi abbiamo ottenuto questo posto dal Comune e ora stiamo molto meglio. Fino all’anno scorso veniva pure mio marito Giovanni, è morto a 101 anni», poi ci racconta che lei e Giovanni erano andati insieme a ballare in televisione «ma non ci hanno dato una lira, e mi sono pure dovuta pagare il parrucchiere, mica potevo farmi vedere con i capelli dritti». Il presidente Giancarlo Caldarelli spiega il successo del centro: «Questo per noi non deve essere un ghetto per anziani rimbambiti ma un luogo aperto a tutti, ci sono cinquantenni, alle nostre iniziative a volte partecipano dei ragazzi, abbiamo organizzato anche un torneo di scacchi per anziani e bambini. Vengono persone che altrimenti non saprebbero dove andare, qui si combatte isolamento e depressione». Insomma si vive.

pietro.piovani@ilmessaggero.it

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