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La polemica milanese sulle palme in piazza Duomo, vista qui da Roma, risulta davvero surreale (e dire che in fatto di polemiche surreali i romani non si sentono secondi a nessuno). Per chi vive nella città eterna le palme sono un elemento familiare come le fontanelle o i sampietrini, appartengono al nostro paesaggio urbano, da piazza Cavour a villa Celimontana, dalla scalinata di piazza di Spagna ai marciapiedi di via Nazionale. Secondo alcuni sono addirittura l’albero simbolo di Roma, di sicuro quello che più colpisce l’immaginazione dei turisti.
È paradossale che il palmizio possa essere considerato una pianta straniera e immigrata, quando invece la sua presenza in terra capitolina si può far risalire all’antichità. Un giorno l’imperatore Augusto - ce lo racconta Svetonio - notò che una palma stava crescendo spontaneamente davanti alla sua residenza, facendosi spazio tra le pietre del selciato; essendo un uomo molto superstizioso, pensò che quello fosse un segno inviatogli dalle divinità e ordinò ai suoi giardinieri di trasferire l’alberello dentro casa, vicino all’altare degli dei Penati.
Soprattutto la palma diventò la pianta più alla moda a Roma e in tutta Italia verso la fine dell’Ottocento, e poi ancora nell’era fascista, cioè nella nostra stagione coloniale: l’Italia imperialista amava addobbarsi in stile africano per ricordare a tutti le sue conquiste. Perciò sembra quasi uno scherzo che oggi, al contrario, qualcuno riesca a vedere in quell’innocente vegetale un segno dell’invasione arabo-africana in Europa. È proprio vero che studiare la storia è importante: se conosci il tuo passato, magari non perdi tempo con le discussioni inutili.
pietro.piovani@ilmessaggero.it
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