Roma, con il sì al Raggi-bis i big M5S puntano a far cadere
il vincolo del secondo mandato

Virginia Raggi
di Simone Canettieri
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Giovedì 21 Maggio 2020, 10:59

Un missile a doppia gittata. Dietro all’apertura dei big del M5S alla ricandidatura di Virginia Raggi, c’è un altro disegno, molto più ampio: cancellare per sempre il vincolo del secondo mandato anche per i parlamentari. Una svolta clamorosa che salverebbe così dalla pensione l’intera linea di comando dei pentastellati: da Luigi Di Maio a Paola Taverna, passando per Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro, Roberto Fico, Laura Castelli, Vito Crimi, Danilo Toninelli e chi più ne ha più ne metta. Eccetto Alessandro Di Battista, che di giri in Parlamento ne ha fatto uno solo.
Attenzione: si tratta dell’ultimo totem dei grillini pronto a cadere appena si celebreranno gli Stati generali il prossimo autunno. Ovviamente, come da liturgia, servirà il sì della rete. Cioè il via libera di Rousseau che, come si sa, risponde sempre all’input degli iscritti. Dipende però dalla formulazione della domanda.

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La svolta si è affacciata lunedì sera quando l’attuale capo politico Vito Crimi ha riunito in teleconferenza i parlamentari grillini romani e laziali per discutere della ricandidatura di Virginia Raggi in Campidoglio. Al netto delle posizioni contrarie a un’eventuale bis della sindaca (arrivate da Roberta Lombardi e a tratti da Stefano Vignaroli) il resto dei convocati ha aperto a questa ipotesi. O meglio: non si è detto ostile. A partire, attenzione, da Paola Taverna, aspirante leader del Movimento, che appunto ha consigliato «una riflessione più ampia» e in generale proprio sul tema del doppio mandato. Una regola aurea dei grillini, parzialmente superata già dalla gestione di Luigi Di Maio che introdusse il «mandato zero»: la possibilità solo per chi ha fatto il consigliere comunale anche dieci anni di candidarsi comunque in Parlamento. Un’eccezione che non contempla i sindaci, come Raggi a Roma e Appendino a Torino (che prima di guidare le loro amministrazioni sono state all’opposizione). E nemmeno i deputati e i senatori alla seconda legislatura. Almeno fino a oggi. Ma ora il quadro è mutato. E Raggi, da sempre poco amata e vissuta come un corpo estraneo dai big eccetto Beppe Grillo, è diventata l’occasione, se non il pretesto, per una modifica storica alle regole interne. D’altronde ormai l’inquilina del Campidoglio ha deciso: correrà per un altro mandato, «anche al costo di non avere il simbolo», ha messo in guardia tutti Vito Crimi. Uno strappo che un Movimento già balcanizzato non può permettersi.
Da qui la posizione favorevole di quasi tutti i maggiorenti, con tanto di eterogenesi dei fini. Raggi comunque in tutte le discussioni private è sicura che alla fine arriverà il semaforo verde. E già pensa addirittura ad altre due liste per raccogliere voti: una civica di sinistra legata al mondo del volontariato e un’altra che guarda al centro, alle professioni e all’universo cattolico. La sindaca però ha fretta: vuole ottenere subito il sì alla ricandidatura perché, dice, in questa fase così complicata, a un anno dal voto, «ho bisogno della piena legittimazione con tutti i miei interlocutori». Cioè? «Come faccio - è la riflessione della sindaca con i fedelissimi - a chiedere progetti per Roma anche ai mecenati se non posso nemmeno rassicurarli sulla mia ricandidatura tra dodici mesi?». Ragionamenti legittimi che potrebbero portare a un voto su Rousseau anche nelle prossime settimane. Per la sindaca, star del web con oltre 1 milione di seguaci su Facebook, sarebbe una passeggiata di salute raccogliere il sostegno degli iscritti grillini. Tutto chiaro? Non proprio perché in questo magma pentastellato rimane sempre una variabile: Alessandro Di Battista.
Ieri Carlo Sibilia, sottosegretario all’Interno, lo ha lanciato sindaco di Roma. A sorpresa. Con queste parole: «Alessandro potrebbe magari pensare alla sua città e proporsi a sindaco di Roma, io ce lo vedrei benissimo, per amore della sua città potrebbe fare bene». Una mossa per bruciare Raggi? Chi ha parlato ieri con Dibba ha raccolto riflessioni di questo tipo: le parole di Sibilia non erano concordate e io non ci penso nemmeno. Nel Movimento c’è chi dice che invece l’ex parlamentare ci starebbe facendo un pensierino, ma il diretto interessato trasecola a chi gli fa questa domanda: «Maddaiii». Un modo per bruciare Di Battista dalla corsa per la leadership e per rincuorare il governo da un elemento che potrebbe destabilizzare la maggioranza? Le domande si susseguono. Come i veleni. Ma ancora una volta i destini del M5S passano da Roma dove iniziò la presa del potere, prima di arrivare ai ministeri.

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