Estorsione a Mezzaroma, cinque anni al Nasca e Papagni: 500mila euro in cambio di “protezione”

Condannati il boss di Ostia Roberto De Santis e il titolare di attività balneari

Estorsione a Mezzaroma, cinque anni al Nasca e Papagni: 500mila euro in cambio di “protezione”
di Federica Pozzi
3 Minuti di Lettura
Lunedì 8 Maggio 2023, 23:28 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 15:18

Offrivano una “protezione” a 360 gradi, da qualsiasi impedimento, per la realizzazione di un complesso residenziale a Ostia, in cambio di soldi, molti soldi. Ieri è stato il giorno delle condanne per Paolo Riccardo Papagni, imprenditore balneare del litorale romano, e Roberto De Santis, elemento di spicco della criminalità locale conosciuto come “Er Nasca”, nel processo con rito abbreviato legato alla tentata estorsione, aggravata del metodo mafioso, ai danni dell’imprenditrice Barbara MezzaromaPer entrambi la sentenza del gup di Roma ha stabilito la condanna a 5 anni di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, oltre al pagamento delle spese legali per le parti civili: la Federazione Italiana Antiracket, il Comune di Roma e lo sportello antiusura di Ostia “Volare”.

Tamara Pisnoli, Camilla Marianera, Lady Petrolio e le altre: chi sono le donne di Mala Capitale
 

LA VICENDA

I due avevano chiesto 500 mila euro all’imprenditrice a capo del gruppo di costruzioni che porta il suo nome, in cambio di protezione nell’ambito di un appalto per la realizzazione di un complesso residenziale ad Ostia. L’indagine della Dda, coordinata dal sostituto procuratore Mario Palazzi, era partita dalla denuncia di Mezzaroma ai carabinieri del nucleo investigativo di Ostia e aveva portato, nel gennaio del 2022, all’arresto di De Santis; già condannato in via definitiva per la gambizzazione del boss Vito Triassi (appartenente alla cosca mafiosa dei Cuntrera-Caruana), avvenuta nel 2007 a Casal Palocco. «Gli ho sparato in una piazza pubblica di fronte a 200 persone. Gli ho sparato e sì, è finita la storia», così raccontava l’accaduto “Er Nasca” proprio a Barbara Mezzaroma, durante un incontro in un bar all’Eur. In manette era finito anche Paolo Papagni, che, oltre ad essere un imprenditore balneare, è anche dirigente di alcune società di calcio dilettantistico a Ostia come Ostiamare e Pescatori, ed è il fratello di Renato Papagni, per anni presidente di Assobalneari e titolare dello stabilimento le Dune. Anche lui già condannato dalla Corte di Cassazione nel 2021 per tentata violenza privata ai danni della giornalista di Repubblica Federica Angeli, insieme ad Armando Spada. Ed era stata proprio la giornalista in aula a spiegare l’accaduto davanti ai giudici, sottolineando come fosse stato lo stesso Spada a dirle di indagare sulla famiglia Papagni.

LE INDAGINI

Si trattava di una richiesta «onesta», come diceva Er Nasca che, per «potere lavorare tranquillamente», aveva chiesto insieme a Papagni mezzo milione di euro a Barbara Mezzaroma, spalmabili in cinque rate, a partire dal giorno in cui il cantiere sarebbe stato aperto. In quel periodo l’imprenditrice romana stava per avviare i lavori per la costruzione di un complesso residenziale in via delle Quinqueremi, a Ostia. E cosa offrivano in cambio i due? Protezione. Garantivano dunque che non ci sarebbero stati problemi né con gli altri clan malavitosi della zona, né problemi burocratici da parte degli uffici del Municipio X. Ma l’imprenditrice non ha trovato altrettanto onesta la richiesta e non si è lasciata intimidire, andando così a denunciare i due ai carabinieri del nucleo investigativo di Ostia.

Dalle indagini è emerso che il primo contatto era avvenuto nell’autunno del 2021 quando Paolo Papagni, che era stato per un periodo a Malta per aprire una gelateria, era tornato sul litorale romano. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, è stato lui ad avvicinare l’imprenditrice perché già la conosceva. Il suo non è stato però un mero ruolo di mediatore - sostengono i carabinieri - ma ha avuto una parte attiva nell’affare, anche se non è chiaro quanto poi “Er Nasca” gli avrebbe dovuto dare di quella somma. I 500mila euro non sono mai stati incassati dai due imputati grazie all’intervento dei militari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA