Un veliero carico di droga tra la Colombia e il litorale: era nascosta nel carbone

La società aveva anche messo in piedi ad Anzio un laboratorio artigianale per l'estrazione dello stupefacente

Un veliero carico di droga tra la Colombia e il litorale: era nascosta nel carbone
di C. Moz.
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Venerdì 18 Febbraio 2022, 11:49 - Ultimo aggiornamento: 13:39

Il mezzo l'avevano trovato: La Poste un veliero attraccato a Panama che poteva essere utilizzato per far arrivare la cocaina ad Anzio. È il marzo del 2019 quando uno degli scudieri di Giacomo Madaffari, considerato dagli investigatori dell'Arma a capo del traffico di stupefacenti per la società maggiore, posta su Facebook la foto dell'imbarcazione con la quale il gruppo pensava di importare la droga.

L'aspetto fondamentale, oltre al reperimento del denaro per assicurarsi il veliero, era scegliere accuratamente il porto di arrivo: non si doveva passare ad esempio per Gioia Tauro perché lì, gli altri calabresi - seppure compari - avrebbero sicuramente chiesto o il 20 o il 30% sul carico e dunque quello scalo andava evitato.

Ma questo era solo l'ultimo episodio di un traffico fiorente e attivo da tempo che legava il litorale laziale direttamente al Sudamerica ed in particolare alla Colombia e a Panama, per l'appunto, considerate le principali fonti di approvvigionamento della coca, che era sempre arrivata mischiata al carbone e ad altri materiali come il terriccio.

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Non solo, lo schema operativo - con il quale si erano già importati circa 258 chili di coca - prevedeva dei ruoli predefiniti: Madaffari - si legge nelle carte dell'ordinanza - coordinava l'operazione di importazione, il suo collaboratore Gregorio Spanò svolgeva un compito direttivo, mentre Fabrizio Schinzari curava i rapporti con i fornitori recandosi in Colombia e Fabio Kowalsky a Panama.

IL PROCESSO DI RAFFINAZIONE

La società aveva anche messo in piedi ad Anzio un laboratorio artigianale per l'estrazione dello stupefacente attraverso la raffinazione della cocaina con l'esano di produzione cinese a cui partecipava anche un narcotrafficante colombiano soprannominato Parkinson. Spanò commenta con Madaffari uno dei processi di estrazione: «Il giorno che so andato io, so entrato con la sigaretta spenta...certo che è spenta..con i reagenti... i cosi», «mi sentivo asciugato dentro e ho detto pensa a questi qua (a Parkinson e a chi lo fa abitualmente ndr) per quanto gli danno a questi, questi che lo fanno sempre non sono rovinati? Siii la mascherina..la cosa...».

L'uso dell'esano tuttavia non risultava immediatamente utile alla resa della coca. Schinzari dice a Spanò: «La pasta basica se processa, 12 litri di etere 12 litri di acetone». Ma l'esano era stato acquistato e quindi andava usato: «Trentanove mila euro de roba, erano 1.050 litri ho detto compà usalo sto coso eh? Non te inventà un c...., dice io ci provo».

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