«Simbolicamente abbiamo consegnato le chiavi delle nostre attività - spiega uno dei commercianti - per chiederle di aiutarci a riaprire, quando sarà il momento, in condizioni di normalità. Non chiediamo di riaprire subito, va bene stare fermi, ma chiediamo di poter riaprire in condizioni normali, quando sarà il momento, e non con tutte quelle limitazioni, perché le attività a quelle condizioni non si sostengono, muoiono». E soltanto la sera prima, gli stessi gestori del litorale hanno organizzato un flash mob. Con silenzio e dignità per gridare il loro dissenso. Decine di bar e ristoranti con le serrande alzate, le luci accese e le insegne luminose attive. Così, con la forza della disperazione, gli addetti alla ristorazione martedì sera hanno manifestato il loro disagio economico per le conseguenze della chiusura delle attività in funzione del distanziamento sociale anti-coronavirus.
A piazza Anco Marzio, in via dei Misenati, in largo Cesario Console, in via Pietro Rosa e in tutte le strade sulle quali si affacciano attività di ristoro, i commercianti hanno dato vita alla loro protesta silenziosa, al loro grido d’allarme soffocato dalla mascherina. Comprendono il duro momento attraversato in ogni comparto socio-economico per l’emergenza covid-19 ma protestano per l’assenza di adeguate politiche di sostegno e per la mancanza di un piano di rilancio del comparto. Intanto, piovono polemiche anche per l’iniziativa a cui ieri ha presenziato la sindaca di Roma. Si tratta del primo Mercato Sociale che arriva a Roma: le persone in difficoltà potranno comprare «alimenti di cittadinanza» con una card che si ricarica svolgendo lavori socialmente utili. Dunque, chi svolge i lavori socialmente utili non viene pagato in soldi (né riconosciuti i contributi) ma in punti da spendere al banco alimentare. «Iniziative del genere - puntualizza Paula Filipe De Jesus dell’associazione Labur - che offendono la dignità di decenni di lotte per i diritti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA