Lazio, sanità commissariata: «Mille assunzioni a rischio»

Lazio, sanità commissariata: «Mille assunzioni a rischio»
di Mauro Evangelisti
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Domenica 3 Febbraio 2019, 12:28 - Ultimo aggiornamento: 4 Febbraio, 00:45

Completare il piano di rientro della sanità consentirebbe di ridurre l'altissima aliquota regionale Irpef del Lazio, che per i redditi più elevati è addirittura al 3,33. Secondo la Regione la mancata uscita dal commissariamento vale 1.000 assunzioni possibili, tenendo conto del blocco del turnover (ormai parziale) che si prolunga da anni e che ha causato anche un innalzamento dell'età media dei quasi 50mila dipendenti della sanità laziale: 54 anni. Nella doppia partita sul commissariamento e sul piano di rientro (corrono paralleli ma non sono la stessa cosa) secondo l'assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato, si gioca anche la possibilità di consentire a grandi strutture accreditate di eccellenza come il Policlinico Gemelli di avere più respiro e possibilità di incrementare la migrazione di pazienti in arrivo da altre regioni. Ecco perché il match cominciato ieri tra il ministro della Salute, Giulia Grillo, e il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, va oltre la schermaglia politica M5S-Pd: lei minaccia di proseguire il commissariamento imponendo un nome del governo al Lazio; lui su un altro fronte ha messo in imbarazzo un'altra portabandiera del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi, indicando la necessità di autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti di Roma Capitale. Sintesi: c'è in corso la solita guerra M5S-Pd, ma in realtà l'istruttoria decisiva sarà svolta da tecnici super partes poco malleabili. A marzo sarà valutato il bilancio consuntivo del 2018 da cui dipende la fine del commissariamento e del piano di rientro. Il Lazio potrebbe uscire dal commissariamento ma proseguire con il piano di rientro per azzerare il disavanzo e consolidare il risultato. Ma in alternativa i tecnici di Mef e Ministero della Salute potrebbero sostenere che esistono ancora delle criticità, non solo legate ai conti ma anche ai servizi, come l'assistenza territoriale e le liste di attesa. La loro istruttoria finirà in capo al consiglio dei Ministri che potrebbe decidere di nominare un commissario differente da Zingaretti (ed è quello che ha prospettato venerdì il ministro Giulia Grillo, affiancata da un anomalo plotone di consiglieri regionali e parlamentari del Movimento 5 Stelle con cui ha svolto un blitz al Policlinico Umberto I). Cosa dicono oggi i numeri? Il disavanzo certificato del 2017 è di 45 milioni di euro, lontanissimo dall'1,7 miliardi di euro di undici anni prima (ieri su Twitter Stefano Cetica, assessore al Bilancio in epoca Polverini, rivendicava di avere ridotto una fetta importante di disavanzo prima di Zingaretti). I lea (livelli essenziali di assistenza) sono ben al di sopra il punteggio che segna la sufficienza.
INCERTEZZA
Dunque, perché il Lazio dovrebbe rischiare la bocciatura? C'è il nodo del risultato definitivo del 2018, quello che sarà valutato nel tavolo di verifica di marzo: la Regione è convinta di chiudere con un disavanzo di 20 milioni di euro, il ministro dice che la proiezione per ora prevede una risalita oltre i 100 milioni. Sarebbe comunque sotto il limite del 5 per cento del fondo sanitario regionale il cui superamento è uno degli elementi che fa scattare il piano di rientro. Le norme però non chiariscono con precisione come si esca da piano di rientro e dal commissariamento, per cui i margini dell'incertezza sono ampi. «La verità - dice un tecnico - in questa disputa tra Zingaretti e Grillo sta in mezzo, ma le ragioni della politica ed elettorali dovrebbero essere lasciate da parte per un confronto pragmatico».

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