Erano solo alcune foto scattate dall'alto, dal primo piano di un appartamento adiacente al ristorante in cui i giocatori della Roma stavano cenando. Foto di una tavolata, con gente che mangia, solo che erano i giocatori giallorossi, quindi erano una curiosità, una cosa carina, per mostrare i calciatori in un momento conviviale, verso la fine della stagione. Eppure sono state considerate inopportune, o peggio, e la conseguenza è stata un'aggressione al collaboratore del Messaggero, Gianluca Lengua, da parte degli uomini del servizio di sicurezza della Roma: agguantato per il collo della camicia (che si strapperà) con una presa professionale, le minacce, il tentativo di sbattergli la testa contro il muro, mentre il nostro cronista urlava “aiuto”.
Poi l'arrivo della polizia, che era lì di servizio, ha bloccato l'aggressione.
L'arrivo di due agenti della polizia ha posto fine alla colluttazione, poi come da prassi ci sono state le identificazioni dei protagonisti della vicenda, e si sono ascoltate le loro versioni dei fatti.
Ma è difficile credere che delle semplici fotografie di una cena, tra l'altro effettuata in pubblico e in una pubblica piazza, possano portare a simili conseguenze, a un'aggressione addirittura. Per giunta a un giornalista, nell'esercizio delle sue funzioni ossia mentre svolge semplicemente il suo lavoro, che è documentare quello che accade, e in un caso simile, poi: una tavolata di giocatori, che mangiano. Niente di che. Eppure si è arrivati a mulinare le mani. C'è troppo nervosismo in giro, evidentemente. Ma ciò che è accaduto in piazza de' Ricci rimane inaccettabile.
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