Dpcm, ristoratori di Roma in piazza: «Consegniamo le chiavi a Raggi, così la città muore»

Dpcm, ristoratori di Roma in piazza: «Consegniamo le chiavi a Raggi, così la città muore»
di camilla mozzetti
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Mercoledì 28 Ottobre 2020, 15:22 - Ultimo aggiornamento: 15:24

Hanno steso in terra delle tovaglie bianche a simboleggiare lo stato in cui versano migliaia di imprese: «Siamo ormai al collasso, non ci rialzeremo più». Da piazza del Pantheon a Roma a tante altre città italiane si alza la voce - assolutamente pacifica - dei ristoratori e dei titolati di bar, gelaterie e caffetterie costretti alle chiusure anticipate dal nuovo Dpcm del governo Conte. In piazza della Rotonda già alle 11 si erano radunati più di 150 ristoratori, chef, pasticceri, dipendenti. Tutti uniti nel lamentare pubblicamente le scelte varate da palazzo Chigi per cercare di stabilizzare la curva dei contagi e ridurre i nuovi casi Covid-19.

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«Fin dall'inizio dell'emergenza e poi dopo il lockdown - spiega Sergio Paolantoni, presidente della Fipe Confcommercio Roma - le nostre attività hanno investito per garantire i protocolli di sicurezza che sono stati rigidamente applicati nell'interesse di ognuno di noi e dei nostri clienti, il nostro è un settore importante non solo per la Capitale ma per l'intero Paese, siamo una fabbrica, un motore importante per l'economia ma non si capisce perché i ristoranti devono chiudere mentre i mezzi possono circolare pieni di persone».

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La manifestazione occupa lo spazio di fronte al Pantheon fino alle 13 e tutto procede senza disordini. Qualche piccola contestazione verbale parte quando in piazza della Rotonda arrivano alla spicciolata diversi politici: da Matteo Salvini all'ex ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti. «Che siete venuti a fare? - tuonano alcuni ristoratori - nessuno vi ha invitato». Molti imprenditori confidano negli aiuti varati dal governo, gli oltre 5 miliardi di euro previsti nel "decreto ristori", altri sono già convinti di non poter arrivare a Natale se non cambieranno le regole sulle aperture mentre uno chef arrangia con una tromba le note de "Il silenzio".

Il ristoratore romano Francesco Testa, patron dello storico locale « Checco allo scapicollo», chiede al governo di ripensarci e lancia un appello alla sindaca di Roma Virginia Raggi consegnando, come già avvenuto a maggio nella fase 1 del lockdown, le chiavi dell'intera attività: Roma muore e con sé la ristorazione e il turismo, denuncia in una nota. «Abbiamo lavorato tanto - sottolinea l'esercente dal quartiere giuliano dalmata - per seguire le indicazioni del governo e del protocollo.

Sanifichiamo costantemente, controlliamo la temperatura corporea al nostro personale e ai clienti. Siamo certi di poter garantire il massimo della sicurezza. Farci lavorare solo a pranzo e con tavoli di massimo quattro persone è come condannarsi - lamenta Testa - ad una lenta ed inesorabile chiusura definitiva. Per scongiurare questo bisogna intervenire subito prima che la Capitale muoia definitivamente di immobilismo» conclude il proprietario dello storico ristorante capitolino.

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