Diabolik, chi è il killer Raul Esteban Calderon. L’Argentino e quelle rapine con gli ex della Magliana. «Era lui il più pericoloso»

Diabolik, chi è Raul Esteban Calderon: il presunto killer di Piscitelli era vestito da runner, poi il colpo di pistola a bruciapelo
di Flaminia Savelli
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Venerdì 17 Dicembre 2021, 20:07 - Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 01:20

Per gli agenti dell’Antirapina era la batteria dei “7 uomini d’oro”. La banda armata che tra il 2006 e il 2008 aveva messo a segno nella capitale una sfilza di rapine: Raul Esteban Calderon, detto “l’Argentino”, era sempre in prima fila. Affianco a complici di altissimo spessore criminale come Augusto Giuseppucci, fratello di Franco, er Negro della Banda della Magliana: il sodalizio criminale che imperversò nella capitale negli anni Settanta. L’Argentino era finito in manette - il 20 gennaio del 2008 - nel blitz della polizia che aveva sventato l’assalto alla banca Unicredit di via Benedetto Croce all’Eur. Gli investigatori da mesi erano sulle tracce della batteria di rapinatori, fino all’arresto che ha interrotto la fortunata serie. Un colpo per cui Giuseppucci verrà poi scagionato. Ma Calderon già da tempo si era integrato con la criminalità organizzata della città. Spetta ora agli investigatori ricostruire la sua ascesa criminale: come l’esperto rapinatore sia diventato il braccio armato della mafia albanese. Un killer spietato, freddo, capace di uccidere in pieno giorno davanti a decine di testimoni. 

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L’ASCESA CRIMINALE 

Calderon è nato a Buenos Aires, in Argentina, nel 1969 ed è volato in Italia alla fine degli anni ‘90.

Negli archivi criminali il primo arresto risale al 2003, a Formia. La notte del 16 marzo i poliziotti lo sorprendono con un complice - pure lui argentino - mentre tentava di rubare una Fiat Panda nel centro del comune del litorale laziale. La macchina è già in moto quando una Gazzella si avvicina. Calderon scatta, apre lo sportello e corre via. La tentata fuga termina dopo ore di ricerche. Gli agenti trovano l’Argentino nascosto sotto un tir parcheggiato al molo di Azzurra. Quindi l’arresto e la detenzione per tentato furto. Poi si trasferisce e sceglie la Capitale come zona di caccia. E proprio a Roma fa il salto di qualità. Dai furti d’auto alle rapine in banca. Conosce elementi di spicco romani, la prima linea delle batterie e si specializza.

Secondo gli uomini dell’Antirapina, la banda dei “7 uomini d’oro” avrebbe messo a segno almeno 10 colpi prima dell’arresto. Si travestivano da postini, erano organizzatissimi: avevano rubato anche motorini e macchine delle poste per passare inosservati nella fuga. «Atletico, cattivo, determinato» lo descrivono così gli investigatori il giorno dell’arresto: «Un criminale con il futuro davanti». E così in effetti è stato. Per quattro mesi i poliziotti dell’Antirapina lo pedinano. Seguono ogni suo spostamento da un quadrante all’altro della città. Cambia spesso anche casa: Nuovo Salario, Magliana, Acilia, Primavalle. 

IN TOSCANA 

Dell’Argentino non si perdono le tracce e si torna a parlare di lui nel 2016 per un clamoroso colpo in una gioielleria di Grosseto. Anche in questo caso Calderon, con la sua nuova banda di delinquenti, si camuffa. Indossano delle parrucche e portano un passeggino per bambini: dentro alla carrozzina c’è una bambola che nasconde due pistole, entrambe con matricola abrasa. Quando entrano nella gioielleria in Corso Carducci, “Mirolli”, i carabinieri del Nucleo investigativo di Grosseto sono stati già avvisati dai titolari. I complici vengono arrestati mentre l’Argentino, ancora una volta, scappa. Semina i militari per le vie del centro dove intanto scoppia il panico. Alla fine lo prendono e viene arrestato con l’accusa ditentata rapina aggravata in concorso e porto e detenzione abusiva di armi clandestine. 

 

LA MAFIA ALBANESE

Scontata la pena, Calderon diventa un’ombra. Si perdono le tracce fino al 2019. Quando Fabrizio Piscitelli, il capo ultras della Lazio, viene freddato con un colpo di pistola alla testa in pieno giorno al parco degli Acquedotti. È l’agosto del 2019, la Squadra Mobile batte fin da subito la pista della droga, degli affari illeciti di Diabolik. Le prime tracce portano alla mafia albanese che gestisce le piazze di spaccio della Capitale. Il killer di Piscitelli è ancora senza un volto quando a Torvaianica, la mattina del 20 settembre del 2020. Allo stabilimento “Bora Bora” con una raffica di colpi alla schiena viene ucciso un pregiudicato di origini albanese, Shehaj Selavdi. I testimoni ai carabinieri raccontano di aver visto «un uomo travestito da runner» poi fuggito a bordo di uno scooter insieme a un complice. 

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