Roma, cento persone in aula l'udienza viene sospesa «C'è il rischio contagio» `

Roma, cento persone in aula l'udienza viene sospesa «C'è il rischio contagio» `
di Giuseppe Scarpa
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Giovedì 17 Settembre 2020, 09:20 - Ultimo aggiornamento: 09:23

Il tribunale penale di Roma non è un posto sicuro. Il pericolo contagi da Coronavirus è dietro l'angolo. Anzi può nascondersi dentro le aule dove si celebrano i processi. La riprova è stata fornita ieri: Udienza alle dieci del mattino, in un'aula del primo piano della palazzina A di piazzale Clodio. Qui va in scena un processo con 38 imputati, il principale è Salvatore Nicitra, ex della Banda della Magliana. I numeri sono questi: in media due avvocati difensori per persona, i tre giudici, il pm e il cancelliere. Ci sono, inoltre, anche i poliziotti della penitenziaria perché alcuni sono agli arresti. Insomma in totale ci sono un centinaio di persone. L'aula è piccolissima: non un assembramento ma un maxiassembramento.


Una condizione che sarebbe malsana, dati i numeri, per portare avanti un'udienza anche in assenza di Covid-19. Ecco, allora, che poco dopo l'inizio del processo monta la protesta degli avvocati presenti in aula. All'inizio è un mugugno. Poi diventa una richiesta esplicita ai giudici. Intanto, però, l'orologio cammina e l'aula non si svuota. I magistrati concludono l'appello dei presenti e poi si ritirano in camera di consiglio per decidere. Il punto verte sulla sospensione dei termini di prescrizione. Alla fine si trova l'accordo, dopo un'ora mezza, e l'udienza viene rinviata al 4 novembre.

IL TRIBUNALE
«Problema superato?», si chiedono i legali, tutti con le mascherine protettive, preoccupati di un possibile contagio vista la vicinanza. Infatti non è ancora chiaro dove verrà celebrato il processo Nicitra. La speranza è quello di vedersi assegnata l'Occorsio, forse l'aula più grande del tribunale. Sulla vicenda è intervenuto anche l'avvocato Cesare Placanica, nella doppia veste di difensore di uno degli imputati, perciò presente all'udienza di ieri e di presidente della camera penale: «Inciampi di questo tipo possono anche accadere ed è stato giusto rinviare l'udienza. Quello che serve è uno sforzo organizzativo».
Ed è proprio questo uno dei problemi (lo sforzo organizzativo), condiviso dai magistrati e dal personale amministrativo che quotidianamente popolano il tribunale più grande d'Italia, non a caso ribattezzato anche città giudiziaria. L'afflusso di persone, ormai, tocca i numeri del settembre del 2019, quando il coronavirus non era una minaccia che incombeva sul Paese. Oggi lo è ma a piazzale Clodio, denunciano in molti, pare nessuno se ne sia accorto. All'ingresso non viene misurata la temperatura corporea. Prima filtro indispensabile anti -Covid. I dispenser per sanificare le mani sono presenti nei corridoi delle tre palazzine, anche se alcuni sono scarichi. In generale tutti rispettano l'obbligo di indossare la mascherina. Tuttavia il problema assembramenti esiste. Nella aule spesso affollate, nella piazzetta centrale ai tre edifici che compongono il corpo del tribunale e nel bar al seminterrato. Prima dell'udienza maxiaffollata di ieri era suonato un altro campanello d'allarme: Un avvocato asintomatico aveva fatto il tampone, poi risultato positivo.

Il legale aveva avvisato il personale amministrativo con cui era entrato in contatto i primi di settembre. Il risultato? Due dipendenti in quarantena e sanificazione della stanza. Tutto sommato si era arginato il pericolo. Nulla, nel frattempo, è stato fatto per garantire accessi sicuri: la paura è che il tribunale più grande d'Italia possa trasformarsi in un acceleratore di contagi è grande.

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