Una società pubblica con un miliardo di debiti, sotto concordato fallimentare, può permettersi di pagare una buonuscita da mezzo milione di euro per dimissionare un dirigente? Risposta: no. Lo sa Gualtieri, che venerdì scorso ha chiesto al direttore generale di Atac, Franco Giampaoletti, nominato dalla Raggi a gennaio, di farsi da parte. «Vogliamo avviare una stagione nuova», il messaggio del sindaco al diggì. Che non farà le barricate, ma per ora resta sulla tolda di comando di questo colosso da 11mila dipendenti, zavorrato da un tasso di assenteismo record e dalle perdite ciclopiche accumulate in anni di mala gestio. Il ricambio è questione di soldi, al solito: Giampaoletti è inquadrato come dirigente, non è soggetto allo spoils system. Per essere licenziato, dovrebbe esserci una giusta causa, che al momento non c'è, lo stesso Pd lo riconosce.
Si tratta di un manager navigato, classe 1961, vent'anni di esperienza nel settore Risorse umane, ex dg del Comune di Genova, poi direttore delle Operations Interne in Unicoop Tirreno e infine city manager del Campidoglio raggiano.
LE MOSSE DEL SINDACO
Il negoziato è ostico, ma Gualtieri ha fretta. Vuole subito il cambio al vertice, per affidare il comando della partecipata a un super esperto di trasporti. I nomi che circolano sono tre: Arrigo Giana, ora all'Atm di Milano, che conosce bene l'assessore alla Mobilità di Roma, Eugenio Patané, dopo l'esperienza a Cotral (Patané all'epoca era in Regione). Oppure Tullio Tulli, dg dell'Anav o Alberto Zorzan, direttore Operations sempre all'Atm. Per la nomina del direttore generale, in ogni caso, si passerà da una call pubblica. Dovrebbe restare in Atac invece l'altro manager scelto da Raggi, Giovanni Mottura, commercialista esperto, utile per gestire il difficile piano di concordato. Oggi è amministratore unico, probabilmente rimarrà come presidente di un nuovo Cda, per essere affiancato da manager filo-Pd. Altra partecipata, altro cambio in vista: è in uscita Jacopo Marzetti, commissario di Farmacap, che gestisce le 45 farmacie comunali, a un passo dal crac. Per la revoca, trapela da Palazzo Senatorio, è questione di giorni.