Anticorpi monoclonali al via a fine mese nel Lazio: pronti Umberto I e Spallanzani

Anticorpi monoclonali al via a fine mese nel Lazio: pronti Umberto I e Spallanzani
di Camilla Mozzetti
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Mercoledì 10 Febbraio 2021, 07:24 - Ultimo aggiornamento: 08:11

I clinici guardano con speranza al 28 febbraio: entro fine mese - salvo complicazioni - dovrebbero partire le prime terapie ospedaliere che prevedono la somministrazione degli anticorpi monoclonali e il Lazio punta così a raggiungere un altro traguardo nella lotta contro il Covid-19. Dopo l'autorizzazione dell'Aifa all'uso dei farmaci prodotti dalle case Regeneron ed Eli Lilly la Regione si sta organizzando al fine di avviare le infusioni il prima possibile. L'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani, che già aveva testato qualche settimana fa in via sperimentale i monoclonali su alcuni pazienti, sta avviando i lavori per allestire un centro di somministrazione e un altro in cui portare avanti la sperimentazione. Ancora: a lavoro tre equipé impegnate a predisporre anche un documento operativo da trasmettere alla Regione per individuare il target dei pazienti da cui poter partire. «Speriamo di poter iniziare con le infusioni già a fine mese», spiega il direttore sanitario dello Spallanzani Francesco Vaia. Sulla stessa scia anche l'Umberto I: «Già da dicembre stiamo studiando i dati sull'uso dei monoclonali negli Stati Uniti - spiega Francesco Pugliese direttore del Dea del policlinico - i risultati sono incoraggianti e pertanto ora che Aifa ha dato l'autorizzazione stiamo individuando le zone in ospedale dove poter avviare le terapie». Anche qui la data segnata sul calendario è la fine di febbraio.

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LA TERAPIA
Gli anticorpi monoclonali, che permettono di bloccare le forme più gravi della malattia inducendo anche un calo dei ricoveri che purtroppo nel Lazio ieri sono tornati a salire, vanno somministrati tramite un'infusione endovenosa della durata di 60 minuti circa.

Poi ne servono altrettanti per l'osservazione del paziente: vedere come reagisce o se manifesta delle reazioni. Motivo per cui partiranno solo in regime protetto dunque ospedaliero e non a domicilio, almeno per il momento. Lo Spallanzani sta redigendo un documento da trasmettere poi alla Regione per individuare il target dei pazienti a cui somministrare i monoclonali che - è importante sottolineare - sono utili nelle prime fasi della malattia. Tant'è vero che in alcuni reparti Covid in cui i medici hanno tentato il cosiddetto uso compassionevole dei monoclonali per pazienti molti gravi chiedendo il farmaco alle case produttrici, queste ultime a volte lo hanno negato.

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LA PROCEDURA
È chiaro che le condizioni del paziente giocano un ruolo fondamentale: oltre alla tempestività della somministrazione l'uso di questi farmaci è auspicabile «per soggetti a rischio complicazioni come gli ipertesi, i diabetici o gli immunodepressi che contraggono il Covid», conclude Vaia. Nella prassi oltre all'individuazione degli spazi dove svolgere le terapie il Lazio sta aspettando l'approvvigionamento dei farmaci che è gestita a livello centrale dal commissario per l'emergenza Domenico Arcuri che poi farà recapitare i monoclonali alle Regioni sulle base delle richieste e gli enti territoriali, a loro volta, li trasferiranno alle strutture abilitate per l'erogazione. È verosimile che il sistema a cui lavora il Lazio ricalcherà la procedura già in atto per l'utilizzo dei farmaci contro l'epatite C che vengono richiesti dai singoli ospedali su una piattaforma regionale creata ad hoc dove vengono inserite tutte le specifiche del paziente. Al contempo le stesse informazioni dovrebbero essere inserite in un analogo registro dell'Aifa. «Allo Spallanzani abbiamo somministrato in via sperimentale queste terapie - ricorda l'assessore alla Sanità Alessio D'amato a margine di un evento all'azienda Bsp Pharmaceuticals di Latina dove viene prodotto l'anticorpo monoclonale di Eli Lilly - diciamo che in questa pandemia più armi abbiamo meglio è, così anche per i vaccini. Avere gli anticorpi è oggi importante». Aifa inoltre «sta facendo un bando - aggiunge Massimo Andreoni, primario di Tor Vergata e presidente della Società italiana di Malattie infettive - nel quale permette la presentazione di progetti di ricerca sull'uso dei monoclonali», nella speranza di avere a breve anche maggiori risposte sull'uso clinico di questi farmaci.

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