Covid, dalle pillole ai monoclonali: ecco le nuove armi contro il virus per curarsi anche a casa

Dal ministero della Salute le linee guida aggiornate sui trattamenti domiciliari. Pregliasco: «Con gli antivirali si va verso una gestione meno ospedalizzata della malattia»

Covid, dalle pillole ai monoclonali: ecco le nuove armi contro il virus per curarsi anche a casa
di Francesco Malfetano
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Venerdì 11 Febbraio 2022, 22:11 - Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio, 13:35

«È un primo vero passo verso un trattamento differente dei soggetti affetti dal Covid». E ancora: «Ora che l’emergenza sta via via scemando, si va verso una gestione meno ospedalizzata della malattia». I medici italiani salutano così l’aggiornamento delle linee guida per la “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-CoV-2” appena redatto dal ministero della Salute. Nuove indicazioni - che come ha stabilito la Consulta sono “solo” consigli indirizzati ai professionisti della sanità - racchiuse in una circolare diramata giovedì e rese necessarie «dalla sopravvenuta disponibilità di nuovi farmaci antivirali e anticorpi monoclonali».

Cure domiciliari, le pillole Pfizer e Merck

Il riferimento è soprattutto alle pillole di Pfizer e Merck che da qualche settimana sono somministrabili anche nella Penisola. In estrema sintesi (e sempre considerando il vaccino l’arma principale contro la pandemia) si invitano i medici a tenerle in assoluta considerazione per il trattamento domiciliare dei positivi, ricordando però in quali casi siano realmente indicate.

E cioè per soggetti che hanno contratto un’infezione lieve-moderata di recente insorgenza, non ospedalizzati e non in ossigenoterapia, e che presentino fattori di rischio per lo sviluppo di forme gravi di malattia. «Non resta che augurarsi che ora venga incrementata la disponibilità degli antivirali su tutto il territorio - spiega Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi di Milano - e soprattutto che si riesca a velocizzare la pratica, facendo in modo che passi meno tempo possibile tra la prescrizione e l’uso effettivo dei farmaci».

 

Gli antivirali infatti, vanno somministrati entro 5 giorni dalla comparsa dei primi sintomi. «E non sempre è facile. Perché (come chiariscono anche le linee guida ndr), noi medici di base possiamo segnalare il paziente, che però poi deve andare in ospedale a ritirare il farmaco. Con il rischio di ritardi o intoppi». A spiegarlo è Pier Luigi Bartoletti, segretario della Fimmg di Roma. «Il passo di attualizzare le indicazioni compiuto dal ministero della Salute quindi - prosegue il rappresentante dei medici di medicina generale - è un segnale politico importante, ma rimane il fatto che a noi la medicina generale domiciliare non è ancora del tutto concessa perché un paziente non può venire da me e andare via con la pillola in tasca. Eppure gestiamo farmaci anche più complessi. Diciamo quindi che è un primo passo verso un trattamento differente dei soggetti affetti dal Covid, ma dopo due anni forse si poteva fare qualcosa in più». Due criticità (approvvigionamento e prescrizione) che non a caso vengono ben fotografate dall’ultimo report dell’Agenzia italiana del farmaco, l’Aifa. Al 10 febbraio i pazienti avviati al trattamento a casa con la pillola antivirale Molnupiravir di Merck sono 5.348, mentre 41 quelli a cui è stata somministrata la pillola Paxlovid di Pfizer.

Gli altri

Non solo gli antivirali. Secondo le raccomandazioni del ministero - che è bene ricordare lasciano sempre l’ultima parola al medico - oltre a corretta idratazione, nutrizione e attività fisica (quando possibile), per sintomatologie lievi si consigliano sempre anche paracetamolo o Fans (farmaci antifiammatori non steroidei). Poi, al pari degli antivirali, si ricorda anche che per le diagnosi precoci ora sono disponibili i trattamenti con monoclonali in soggetti con immunodeficienza che presentino una prolungata positività al tampone molecolare. Qualora ve ne fosse ulteriore bisogno viene anche sconsigliato l’uso empirico di antibiotici, il ricorso all’idrossiclorochina, la modifica delle terapie croniche in atto per altre patologie o l’uso di benzodiazepine (in considerazione dei possibili rischi di depressione respiratoria).
Mentre viene raccomandato l’uso dei corticosteroidi ma solo nei soggetti ospedalizzati e intubati con malattia grave oppure, a domicilio, solo in soggetti che presentano fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe e qualora non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere. Scenari che, grazie alla flessione della curva in corso, si spera diventino sempre più rari. 
«Si tratta di indicazioni che fanno il punto sugli strumenti a disposizione e ribadiscono l’importanza delle nuove soluzioni trovate - spiega ancora Pregliasco - specie in una situazione come quella attuale. Ora che l’emergenza sta via via scemando e i sintomi sembrano meno gravi, si va verso una gestione meno ospedalizzata della malattia e quindi è auspicabile un ritorno della sanità il più territoriale possibile».

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