Enrico Nicoletti jr, arrestato il nipote del cassiere della Banda della Magliana: era scappato dai servizi sociali

Il 23enne era stato affidato in prova dopo aver lasciato la prigione minorile

Enrico Nicoletti jr, arrestato il nipote del cassiere della Banda della Magliana: era scappato dai servizi sociali
di Alessia Marani
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Venerdì 29 Marzo 2024, 23:20 - Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 13:59

Cattivo sangue non mente. Finisce in carcere Enrico Nicoletti jr, il nipote del boss ritenuto «il cassiere» della Banda della Magliana, e scomparso nel 2020 a 84 anni. Anche se lui negò sempre ogni ruolo nell’organizzazione criminale che seminò violenza e terrore a Roma tra gli anni ‘70 e ‘90, per gli inquirenti che all’epoca lo indagarono insieme a Renatino &Co. e al resto del sodalizio nella maxi-operazione “Colosseo”, Nicoletti rappresentò «un momento importante dell’attività di collateralismo alle organizzazioni criminali per massimizzarne i profitti, attraverso articolate attività di riciclaggio».

NUOVI GUAI

Ma torniamo ai nostri giorni e al nipote oggi 23enne che porta il suo stesso nome. L’anno scorso, dopo essere stato detenuto nel carcere minorile per reati di droga era stato affidato in prova ai servizi sociali, nella sua città, a Grottaferrata, una misura alternativa per permettergli un graduale reinserimento nelle attività quotidiane. Invece, ecco che il ragazzo ha finito ancora una volta per mettersi nei guai. Ha cercato di eludere i controlli delle forze dell’ordine disposti dal magistrato di sorveglianza durante lo svolgimento delle mansioni che gli erano state affidate e come se non bastasse è stato sorpreso a scorrazzare per le strade dei Castelli guidando in maniera pericolosa. Un comportamento per nulla in linea con il credito di fiducia che la giustizia aveva aperto sul suo conto. E così il magistrato di sorveglianza, l’altra settimana, ha disposto che fosse riportato a Casal del Marmo dove dovrà finire di scontare la sua condanna.

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Del resto a creare problemi a Nicoletti jr è da sempre, nonostante la giovane età, proprio un’indole ribelle. Fin dai tempi in cui venne arrestato dai carabinieri perché, alla testa di una banda di baby bulli, aveva imperversato ai Castelli seminando paura per mesi tra ragazzini e persino adulti. Solo pronunciare il nome del nonno incuteva terrore e se questo non bastava, a spaventare le malcapitate vittime ci pensava la sua stazza, robusta e possente. A Grottaferrata aveva terrorizzato coetanei e persino i loro genitori: «Se parli ti brucio casa» e giù botte. Una volta i carabinieri trovarono nella piazza principale della città un ragazzino a cui la gang aveva spaccato la faccia, «perché non pagava la droga, l’hashish che lo avevano costretto a spacciare», come le indagini successive svelarono.

RODEO E AUTO COSTOSE

Un’altra volta un ragazzino che aveva avuto solo la sfortuna di incrociare il suo sguardo mentre camminava, è stato messo kappao da un gancio che lo ha fatto finire dritto in ospedale nel reparto maxillo-facciale con una prognosi di 40 giorni. Il gruppo composto da una quindicina di ragazzi e ragazze minorenni e non, qualcuno in trasferta da Tor Bella Monaca, dettava legge in quegli anni a sud di Roma. Ogni tanto una fuitina in Centro a bordo delle minicar. Destò clamore un’altra bravata della banda, protagonista di un’incursione alla festa dei cento anni di un liceo dei Castelli: tutti eleganti, la musica in pista e il “servizio d’ordine” messo su dagli alunni. Ma eccoli loro, il bullo e la gang, che sfondano il cancello e fanno irruzione al volante di macchine costose. Fanno la gimkana tra gli studenti, suonano i clacson, la loro presenza si deve fare sentire, e c’è il fuggi fuggi. E contro chi prova a opporsi, giù una scarica di calci e pugni. È da quel momento che vennero formalizzate le prime denunce e l’inchiesta chiarì che, addirittura, alcuni genitori avevano pagato persino i debiti di droga dei loro figli obbligati a spacciare, per paura di ritorsioni.

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