Anzio, in fiamme il “Bodeguita”: «Due roghi in due giorni» nel chiosco della movida

Le indagini di carabinieri e pompieri: per i rilievi disposto il sequestro dell’area

Anzio, in fiamme il “Bodeguita”: «Due roghi in due giorni» nel chiosco della movida
di Ivo Iannozzi
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Venerdì 23 Giugno 2023, 00:48

A 24 ore dal primo tentativo di dare fuoco al chiosco che lo scorso anno ospitava il locale “Bodeguita”, stabilimento sulla riviera Mallozzi ad Anzio, mercoledì notte, intorno alle 4,30, sono tornati per completare l’opera. A differenza dei pochi danni procurati del blitz della notte tra il 19 e il 20 giugno, questa volta il chiosco è andato il completamente distrutto. Le fiammo hanno divorato anche pozzetto, forno, cucina, lavastoviglie, frigorifero, macchina del caffè. Insomma, tutta l’attrezzatura usata la passata estate dal locale nel comune costiero alle porte della Capitale, fino al sequestro disposto nel luglio 2022 dall’autorità giudiziaria dopo l’omicidio di Leonardo Muratovic scaturito da un litigio all’interno della ex Bodeguita. L’ordine era stato disposto infatti dalla procura di Velletri in seguito all’omicidio del 25enne di Aprilia: il pugile era stato ucciso la notte del 17 luglio con un’arma da taglio. Gli agenti della Squadra Mobile (il 10 agosto) avevano poi chiuso il cerchio delle indagini intorno ai due fratelli di Aprilia, Adam e Ahmed Ed Drissi di 20 e 25 anni, ritenuti responsabili insieme ad altri tre giovani dell’omicidio. L’ipotesi degli investigatori ora è che, a legare a filo doppio i due incendi, ci sia l’ombra del racket. 

IL BLITZ

Da quanto è stato ricostruito, mercoledì notte dopo aver cosparso di benzina con cura il chiosco, gli attentatori hanno appiccato il fuoco che in pochi minuti ha distrutto la struttura e tutto quello che conteneva. Il pur tempestivo intervento dei vigili del Fuoco di Anzio non ha contenuto la forza distruttiva delle fiamme che hanno anche cancellato tracce e possibili indizi. Su questo secondo episodio indagano i carabinieri della Compagnia di Anzio mentre l’autorità giudiziaria ha sequestrato l’area, a pochi metri dagli ombrelloni. 
Le indagini sono solo all’inizio e si sta lavorando al recupero della registrazione delle telecamere di controllo del Comune per cercare di individuare - attraverso i fotogrammi- chi ha appiccato il fuoco e se c’è un collegamento tra i due episodi. 

Il chiosco distrutto è di proprietà della società che gestisce lo stabilimento balneare “Dea Fortuna”, il più importante della riviera di Ponente.

Uno stabilimento storico che ha tre punti ristoro dati in gestione ad altrettante società. Una, appunto, quella che gestiva la Bodeguita. Gli altri due chioschi sono aperti al pubblico per la stagione estiva. Intanto negli uffici dello stabilimento sono sorpresi del secondo attentato. «Dopo il primo episodio - spiegano - avevamo pensato ad un atto vandalico; ma poi sono tornati e hanno completamente distrutto il chiosco. Questo lascia pensare ad una sorta di accanimento». Dalla direzione della “Dea Fortuna” però escludono avvertimenti riconducibili al racket delle estorsioni. «Siamo qui da tanti anni - spiegano - e abbiamo sempre lavorato con serenità e senza condizionamenti. Abbiamo altri due punti ristoro che stanno lavorando senza problemi. Fa riflettere che se la siano presa con una struttura chiusa e sotto sequestro da quasi un anno». 

NEL MIRINO 

Due notti fa, sempre ad Anzio, un altro attentato incendiario aveva danneggiato la pizzeria ristorante Mandala nella zona del quartiere Falasche. Su questi episodi il Coordinamento Antimafia Anzio-Nettuno e la “Rete NoBavaglio–liberi di informare” chiedono «alle Istituzioni tutte di tenere alta l’attenzione e di non lasciare soli i cittadini onesti di Anzio e Nettuno». «Nel contempo – aggiungono – siamo consapevoli dell’impellente necessità di rafforzare gli organismi investigativi sia del commissariato di polizia sia della compagnia dei Carabinieri. Rivolgiamo l’ennesimo appello anche ai cittadini vittime di reati di rompere il muro di omertà. Solo in questo modo potrà iniziare il riscatto di un territorio le cui amministrazioni comunali sono state sciolte per condizionamento mafioso». 

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